Anche il mondo della radio può rientrare a pieno titolo nella scienza, dato che questo media nasce in origine da scienziati e ricercatori, così come scienza e ricerca sono nel suo sviluppo legato alla metodica di trasmissione, prima via etere, onde corte o lunghe, modulazione di ampiezza o di frequenza, poi invece in digitale attraverso il codice binario. Il suono analogico che esce dalla fonte, che sia un mixer, che sia qualche altro apparecchio, viene trasformato in tante sequenze di numeri 0 e 1 per poi ritornare suono alla fine della corsa. Si chiama digitalizzazione e non funziona solo per la radio, ma tecnicamente è il suo presente e soprattutto futuro, con il DAB+, cioè l’utilizzo digitale delle frequenze analogiche, oppure il web usando la rete internet. Cambia il veicolo, la partenza è sempre quella: una voce, oppure un brano musicale, oppure qualcosa ripreso da un microfono… insomma la radio è sempre quella, a prescindere da come tecnicamente venga diffusa.
In questa nuova rubrica ci occuperemo della radiofonia del presente e del futuro, per forma e contenuti. Una nuova frontiera, in realtà ibrida, è stata in questi anni la radiovisione: ossia uno studio televisivo trasformato in radiofonico, con cuffie e microfoni, uno o più conduttori che fanno la radio sapendo però di essere ripresi anche in televisione. È un nuovo genere, qualcosa di un po’ diverso dalla radiofonia.
Anche per questo, chi scrive si è lanciato dopo anni di esperienza principalmente radiofonica anche in ambito nazionale, in particolare a Rds e all’Agenzia Area, in un’avventura particolare: una webradio personale che si chiama “Radio7 online” che però, data la qualità di quello che esce in onda, è scoppiata un po’ tra le mani sia a me che ai miei collaboratori.
L’idea di fondo, che ci muoveva e ci muove, era quella di riportare la radio al centro di tutto, come dice uno dei suoi slogan, ossia tornare allo specifico radiofonico come lo conosciamo noi che abbiamo per motivi anagrafici vissuto l’epopea delle radio libere, delle quali il miglior decennio è stato probabilmente quello degli anni Ottanta. Questo perché le radio avevano superato il momento dell’infanzia e della totale ingenuità, ma non avevano ancora raggiunto quello della totale maturità. Così erano un ibrido spesso ben riuscito, specie nelle radio principali, tra creatività e professionalità. Senza che la seconda avesse il totale sopravvento sulla prima, come succede oggi, dove gli station manager di alcune radio nazionali importanti si occupano della programmazione spesso con criteri scientifici o addirittura matematici, talvolta mutuati dall’America.
Ciò comporta un paio di obiezioni: la prima è che anche radiofonicamente non siamo negli Stati Uniti, che non hanno per esempio un polo pubblico a differenza nostra, la seconda è che basta un elemento nuovo, esterno, imprevedibile com’è stata la pandemia a sparigliare le carte, e appunto a riportare lo specifico radiofonico in primo piano. Con grande merito dei conduttori esperti, quelli nati alla radio e ancora con la passione che esce quando si apre un microfono.
In questa rubrica, quindi, cercheremo di parlare della radio in tutte le sue accezioni, nei suoi aspetti: ciò significa parlare principalmente di comunicazione, sia sotto un profilo artistico, divulgativo oppure tecnico. Un argomento sterminato, dunque, da non vivere in modo nostalgico, ma proteso verso il futuro, perché la radio, in quasi un secolo di vita, è stata in grado di reinventarsi tante volte rimanendo però, alla fine, sempre se stessa.