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Santiago Zabala è Professore di Filosofia ICREA presso l’Università Pompeu Fabra. È autore di diversi libri di filosofia, politica ed estetica. Ha scritto, tra gli altri, per il New York Times, The Guardian e Al-Jazeera.
Contrariamente a quanto alcuni pensano, la filosofia è davvero necessaria oggi. Tecnologia e infosfera, cambiamento climatico, futuro delle città: queste tre dinamiche, tra le tante, chiamano a riflessioni strategiche. Sono tre le “relazioni” per le quali chiedo la tua opinione: il rapporto tra uomo e innovazione, il rapporto tra uomo e ambiente naturale, il rapporto tra locale e globale.
Queste tre relazioni sono vitali per capire il mondo di oggi. Purtroppo la maggior parte dei nostri sforzi si limita al primo. Tendiamo a pensare al nuovo come a qualcosa di migliore o semplicemente buono quando in realtà non lo è necessariamente. Questa è una conseguenza della nostra ossessione per l’innovazione dirompente (disruptive innovations). Recentemente ho spiegato che possiamo superare questa ossessione pensando sul medio-lungo termine. Per quanto riguarda la natura preferisco il termine “confronto” perché purtroppo non credo che abbiamo maturato una “giusta” relazione con l’ambiente. Le nostre possibilità di migliorare questo rapporto stanno nel riuscire a interpretare il globale attraverso il locale, cioè come qualcosa che ci riguarda sempre e direttamente. La filosofia è fondamentale per comprendere e riflettere su queste relazioni. Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo capire che – oggi – la nostra più grande emergenza riguarda l’assenza di emergenza, ovvero quelle emergenze che ignoriamo come – tra le altre – il cambiamento climatico, la crisi dei rifugiati e la perdita di biodiversità. Nel mio ultimo libro, Being at Large. Freedom in the Age of Alternative Facts (in uscita in italiano da Bollati Boringhieri in primavera) spiego come la filosofia può riscattarci in queste emergenze.
In quanto libero pensatore, credo che la pandemia sia solo l’ultima crisi che ci pone di fronte alla necessità di ripensare i paradigmi che abbiamo ereditato dal ‘900. Qual è la tua opinione in merito ?
Sono d’accordo che quei paradigmi sono ancora con noi. In realtà, credo che siano stati intensificati. Il neoliberismo, il libero scambio e il controllo digitale prosperano. Il fatto che l’ex amministratore delegato di Vodafone, Vittorio Colao, sia stato incaricato di guidare la task force post-crisi in Italia dovrebbe far pensare a come questa pandemia venga utilizzata per digitalizzare ulteriormente la vita quotidiana. Naomi Klein ha recentemente definito tali accadimenti come “Screen New Deal”. La pandemia non ha provocato altro che una semplice pausa che è stata utilizzata per intensificare ulteriormente queste misure.
Un tema estremamente interessante, a 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, è la ridefinizione dell’ordine mondiale di stampo liberale. È chiara, a livello globale, la sfida in atto contro le democrazie liberali. Sono in pericolo di estinzione? Il loro tempo è finito?
Preferisco chiamarle “democrazie bloccate“. E no, non sono in pericolo, anche se spero in una loro trasformazione radicale. I populisti di destra sono riusciti a salvaguardare le peggiori caratteristiche di queste democrazie per imporre le loro politiche. In Europa e nel mondo il panorama politico è popolato da predatori neoliberisti che hanno poco interesse per la rappresentanza democratica.
L’ultima domanda, che mi pongo in termini di ricerca personale, è la necessità di un ri-pensamento per la ri-fondazione della politica. In tempi come quello che viviamo, in cui una politica senza visione non è in grado di anticipare i fenomeni storici, assolutizzando i massimalismi settoriali, quale messaggio ci puoi dare sul significato e sulle prospettive della politica in termini di mediazione e visione, quindi di complessità?
Sono d’accordo, per la politica è importante avere progetti. Ma non è solo questione di strategia politica per vincere le elezioni, ma di chiarezza, cioè di messaggi che devono essere facilmente compresi e fatti propri dagli elettori. Da un punto di vista politico la più grande emergenza oggi è l’assenza di politici populisti di sinistra. Pablo Iglesias e Jean-LUC Mélenchon sono gli unici in Europa. Perché? Se in questa fase vince il populismo, come ha spiegato Chantal Mouffe, dobbiamo diventare anche noi populisti: altrimenti una certa destra e il populismo digitale continueranno a vincere o a condizionare elezioni e governi. Il nemico non sono i rifugiati e gli immigrati come crede la destra ma, piuttosto, certe grandi corporation e banche come sostiene la sinistra. Non dovrebbe sorprendere che i populisti di destra non siano stati in grado di approfittare della pandemia. Questa è una crisi che richiede coordinamento e solidarietà globali, non certo isolazionismo e odio.