La radio è un mezzo che mette sempre insieme arte e scienza. Arte perché si tratta senza dubbio di un’espressione artistica: pensiamo agli spettacoli, ai radiodrammi, a quanto in questo quasi secolo di vita la radio è riuscita a mettere in onda, anzi in scena. Molte trasmissioni sono indubbiamente espressioni artistiche. La scienza è insita nello stesso mezzo, che senza dei principi scientifici non avrebbe avuto modo di esistere.
Guglielmo Marconi, considerato l’inventore in assoluto della radio, ma attenzione non nello sviluppo come poi tutti l’avremmo conosciuta, ma solo nella trasmissione dei segnali, effettuava i suoi esperimenti avvalendosi degli studi del fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz. Questo a sua volta aveva scoperto le onde elettromagnetiche, dimostrando la teoria dello scozzese James Clerk Maxwell.
Maxwell lancia questa ipotesi per la prima volta nel 1873 con il suo “Trattato di Elettricità e Magnetismo” e successivamente la “Teoria Dinamica del Campo Elettromagnetico”. Queste opere, analizzando matematicamente i fenomeni ottici, elettrici e magnetici riuscivano a dimostrare la loro natura ondulatoria. Hertz, nel 1888 costruì un oscillatore e rese pratica la teoria: le scariche elettriche prodotte che diventavano scintille attraverso un altro apparecchio, il risonatore, che aveva due piccole sfere che però non si toccavano. Quindi le scintille erano necessariamente frutto delle onde elettromagnetiche.
Marconi si innesta sulla scoperta di Hertz, dopo le ricerche di altri scienziati tra cui un altro italiano, Augusto Righi, e nel 1895 crea il suo primo vero e proprio trasmettitore, e da qui nascerà il telegrafo senza fili, brevettato a Londra dato lo scarso interesse italiano verso questa novità. Eppure questo strumento, usato con successo soprattutto in navigazione permise di salvare vite umane, per esempio in occasione della tragedia del Titanic. Inizialmente però Marconi non vedeva di buon occhio altri esperimenti che invece dei segnali telegrafici cercavano di trasmettere attraverso un microfono voci, suoni e rumori. Lo si era fatto già via telefono, ora si voleva sfruttare la nuova scoperta. Gli Stati Uniti furono all’avanguardia in questi studi, ai quali Marconi dovette in qualche modo rassegnarsi anche per aver perso alcune azioni giudiziarie, ed allora lui stesso ne seguì lo sviluppo.
Sono proprio i radioamatori, di fatto, a inventare la radio così come la conosciamo e viene usata. In particolare nel 1906 fu Reginald Aubrey Fessenden che riuscì per primo a trasmettere parole e musica a distanza attraverso l’uso di onde radio, sovrapponendo la corrente alternata generata da un microfono alle onde hertziane, che così venivano modulate.
Però è un radioamatore di Pittsburgh in Pennsylvania, nel 1919, Frank Conrad, a mettere per scherzo un fonografo davanti al suo microfono trasmettendo alcuni brani di musica. Ebbe un migliaio di ascoltatori, praticamente entusiasti, e una grande azienda si offrì di finanziare la stazione. Conrad mise quindi in piedi la prima stazione radio. Altre ne seguirono in America, e poi in Europa. Sono trasmissioni che vengono definite radiodiffusione circolare, perché da un unico punto di trasmissione sono destinate a tutti, non ad un solo ricevente, e non c’è possibilità di interagire o intervenire, ma solo di ascoltare. Circolari, dunque.
Cerchiamo adesso di capire il concetto di modulazione, e la differenza tra ampiezza e frequenza, la prima utilizzata nei primi decenni della radio, la seconda diventata la regina con l’avvento in particolare delle radio libere a partire dagli anni Settanta, anche se in realtà esisteva già da alcuni decenni.
L’onda sonora viene modificata, con il suono emesso attraverso il microfono o successivamente anche da altri strumenti. La variazione viene poi applicata all’onda radio portante fino all’antenna che riceve e all’altoparlante attraverso il quale si ascolta quanto trasmesso. La modulazione sovrappone le oscillazioni della corrente derivanti dall’onda sonora, a quella elettromagnetica. Nella modulazione di ampiezza si varia appunto l’ampiezza dell’inda tenendo invariata la frequenza, mentre evidentemente succede il contrario nella modulazione di frequenza. La prima si utilizza per onde lunghe, medie e corte, mentre per frequenze più elevate solitamente si utilizza la modulazione di frequenza. C’è anche un intervallo di frequenza in cui si possono trovare entrambe le modulazioni.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dei due metodi? Nelle onde lunghe, medie o corte, ossia in modulazione di ampiezza, la qualità è inferiore ma si possono raggiungere distanze più elevate. Vi sarà capitato soprattutto la sera, di ascoltare in onda media delle radio da località molto remote. Al contrario, in modulazione di frequenza, il suono è molto più fedele e di qualità, ma al primo ostacolo serve un ripetitore. Ecco perché ebbero enorme successo nelle prime radio libere, che essendo locali inizialmente dovevano suonare bene, ma non avere una grande potenza. Poi la situazione cambiò in pochi mesi…
Questa è la prima parte della storia, che in Italia inizia ufficialmente nel 1924 con la nascita dell’URI-Unione Radiofonica Italiana. La seconda parte parlerà dello sviluppo tecnologico, della nascita delle autoradio, in realtà già prodotte dal 1930, dei transistor che arriveranno nel ’54, e poi della rivoluzione tecnologica che negli ultimi decenni ha cambiato davvero tutto, e la radio non ne è rimasta immune anche se per ora l’FM resiste. Ma ce ne occuperemo la prossima volta.