Sulle prospettive dell’Europa, e sul nuovo corso nella CDU tedesca, The Science of Where Magazine ha incontrato l’Ambasciatore Michele Valensise, già Segretario Generale del Ministero Affari Esteri e Ambasciatore d’Italia a Berlino. Scrive regolarmente per La Stampa e Huffington Post.
Ambasciatore Valensise, l’Europa attraversa un periodo straordinariamente importante. Da profondo conoscitore delle dinamiche europee, quale è il Suo pensiero sul piano Recovery per il futuro del Vecchio Continente ?
E’ giusto ripetere che le decisioni adottate per un intervento dell’Europa volto a fronteggiare, su una base di responsabilità comune, la minaccia comune costituita dalla drammatica pandemia sono di eccezionale importanza per la costruzione europea. Non si tratta solo del volume senza precedenti delle risorse stanziate per un obiettivo riconosciuto essenziale per l’intera Europa, ma soprattutto dell’introduzione di un nuovo principio di solidarietà tra i Paesi europei che abbiamo tutto l’interesse a consolidare e fissare come parametro di ulteriore integrazione. Naturalmente questo dipenderà in buona parte dalla capacità degli Stati membri di porre in essere comportamenti coerenti ed efficaci, idonei a rafforzare la fiducia reciproca in seno all’Ue. E’ uno sviluppo auspicabile per quanti credono nei vantaggi del progetto europeo e lavorano per garantirli. Ed è un motivo di riflessione, e magari di onesto ripensamento, per coloro i quali sinora all’Europa non hanno risparmiato critiche infondate.
Come giudica gli investimenti nella innovazione tecnologica e nel green per il futuro dell’Europa ?
Sono entrambe priorità che occorre valutare con la massima attenzione. Gli stanziamenti europei fissano proprio per gli investimenti in questi due settori, l’economia verde e lo sviluppo tecnologico, le quote più consistenti delle enormi risorse finanziarie previste. Si tratta di investimenti cruciali per la crescita economica e sociale. L’innovazione tecnologica può e deve essere promossa con una valutazione globale degli interessi e con la necessaria attenzione agli aspetti che attengono all’evoluzione del mondo del lavoro e delle occupazioni tradizionali. Settori quali le comunicazioni, o più specifici come ad esempio la tele-medicina, possono essere valorizzati con un evidente impatto positivo sullo sviluppo di infrastrutture essenziali e sulla qualità della vita dei cittadini, con progressi tangibili e verificabili. L’economia verde può essere promossa in modo complementare, non alternativo, alle attività produttive e creare margini di crescita di notevolissima rilevanza per l’intero sistema economico. Sono quindi occasioni preziose, da non perdere, per il superamento di dolorose disuguaglianze interne e per il rinnovamento e la competitività dell’Italia.
Che significato ha – in termini di prospettive per la Germania, per l’Italia e per l’Europa – il cambio al vertice nella CDU?
L’elezione di Armin Laschet alla guida della Cdu, all’inizio dell’ “anno super-elettorale” tedesco per la concomitanza di sei elezioni regionali e di quelle per il Bundestag, è un segnale di sostanziale continuità con la precedente gestione di Angela Merkel del partito. Al congresso della Cdu, significativamente intitolato “Per domani”, si sono presentati tre candidati, ciascuno con un profilo politico ben marcato e tutti con una plausibile speranza di vittoria fino all’ultimo momento. Oltre a Laschet si contendevano la presidenza Friedrich Merz e Norbert Röttgen. Tra i tre, non c’è dubbio che politicamente sia Laschet il più vicino alla Cancelliera. Forte di una solida esperienza alla guida del Land più popoloso della Germania, il Nord Reno-Vestfalia, il neo-presidente del partito dovrà ora assicurare la necessaria unità d’intenti nelle file della Cdu, superando le divisioni soprattutto con Merz, critico del “merkelismo” e propugnatore di una linea più conservatrice anche per recuperare l’emorragia di consensi perduti a favore dell’AfD.
Laschet non ha una sinora specifica caratterizzazione sulla politica estera, ma è un uomo di profonde convinzioni europee, nel solco di una tradizione consolidata e rinnovata della Cdu.
Angela Merkel ha posto in campo, in questa fase difficile, una vera leadership politica. E’ pronta, in Germania, una classe dirigente all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte ?
Al di là della statura politica acquisita dalla cancelliera in sedici anni di guida ininterrotta del governo, occorre riconoscere che in Germania il ruolo dei partiti politici, la consuetudine di una formazione progressiva del personale politico e un certo rigore nella sua selezione costituiscono una buona base per esprimere in generale una classe dirigente competente e consapevole della portata delle sue responsabilità.
Credo che a questo contribuisca anche un’attenzione sistematica per i meccanismi delle decisioni europee e una diffusa conoscenza delle loro procedure. Del resto, l’orientamento e l’impegno pro-europeo della Germania restano di gran lunga preponderanti presso le forze politiche tedesche e riflettono la stessa sensibilità di ampie fasce dell’opinione pubblica.