Quello si è concluso è stato senza dubbio un festival di Sanremo diverso, probabilmente unico, governato dai protocolli anti-pandemia. Il primo festival senza pubblico, il primo festival senza le gioiose aggregazioni in sala stampa, con i giornalisti a fare il tifo o meno per i cantanti, con risultati spesso diversi dalle preferenze del pubblico.
In questo articolo ci occupiamo della ripresa audio del Festival, che è da sempre affidata ai tecnici del suono della radiofonia Rai. Quest’anno non è andato tutto liscio, probabilmente a causa dell’anomalia dell’edizione 2021 che ha modificato alcune prassi anche organizzative. Si è cercato di fare del proprio meglio per arrivare al risultato consueto, molto simile al singolo registrato in studio, che è sempre frutto di tagli, montaggi e sovrapposizioni, con la differenza invece che tutto è realizzato dal vivo, frutto di innumerevoli prove.
C’è un motivo storico per il quale sono i tecnici della radio a curare la parte audio di Sanremo, ed è legato al lavoro specifico che svolgono i fonici in particolare in via Asiago 10, il Palazzo della Radio. Non dimentichiamoci che la televisione non esisteva quando nacque il Festival, nel 1951, e anche se poi l’evento venne fagocitato dal piccolo schermo, la parte audio, rimasta così importante, rimase una specificità di chi era abituato a lavorare con i suoni, a riprenderli, assistito in questo anche da figure importanti come gli assistenti musicali, maestri diplomati al conservatorio. Il Festival era nato come un evento radiofonico, con l’orchestra di Cinico Angelini e i suoi cantanti: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano. La radio era specializzata perché le orchestre e i loro cantanti riempivano le ore di trasmissione radiofonica, e la televisione attinse a piene mani da quella sapienza.
Gli auditori di via Asiago, in particolare la Sala A e la Sala B, erano i luoghi della radiofonia romana deputati alla musica dal vivo, ma anche alla registrazione delle sigle originali, sia radiofoniche che poi televisive, per esempio nei varietà del sabato sera firmati da registi come Antonello Falqui e con artisti del calibro di Mina. Chi in quelle occasioni si leggeva per curiosità i titoli di coda, avrà notato che i tecnici audio erano sempre due o tre. Avevano ruoli e anche sedi diverse: il primo tecnico del suono ad apparire era quello che effettivamente gestiva la regia audio della trasmissione vera e propria, in via Teulada o al Delle Vittorie, aprendo e chiudendo i microfoni dello spettacolo e seguendo in questo ciò che veniva ripreso dalle telecamere. Gli altri tecnici citati dal rullo di coda erano invece quelli che in via Asiago preparavano i cosiddetti playback. Se si doveva realizzare una sigla, uno stacco orchestrale, la musica originale per un balletto, una base cantata dal vivo per esempio da Mina, tutto si registrava in sala A o in sala B. E poi il nastro veniva usato per il playback della trasmissione televisiva.
In sostanza, per la ripresa audio musicale, la televisione pubblica si è sempre appoggiata alla competenza radiofonica, non superiore né inferiore ma semplicemente diversa da quella altrettanto specifica dei tecnici audio televisivi che di fatto dovevano seguire con i microfoni la ripresa delle telecamere e il lavoro del regista. I tecnici della radiofonia lavorarono per la televisione anche in due programmi di Renzo Arbore che avevano la musica e la radio al centro: “Cari amici vicini e lontani”, che rievocava la storia della Radio Italiana dal 1924 all’84, e “Doc”, trasmissione di musica dal vivo che purtroppo non ebbe poi seguito almeno in quella forma.
Di fronte a questi presupposti, è logico che Sanremo per la parte audio continui ad essere curato dai tecnici della radio. Gli aspetti da seguire sono sempre stati tre, con più o meno difficoltà a seconda della formula, ossia che ci sia l’orchestra dal vivo come oggi o il playback come negli anni Settanta e Ottanta: la ripresa audio di musica e voci, la trasmissione e naturalmente la diffusione in teatro. Proprio per questo le postazioni sono tre, e poi ci sono dei tecnici che si occupano di smistare le molte linee utilizzate. Ma la ripresa audio vera e propria, soprattutto delle canzoni, è sempre appannaggio radiofonico.
Un amico direttore d’orchestra che è stato a Sanremo, al quale ho chiesto specificamente che cosa si ascolta nella sua cuffia e che cosa sentono i professori nelle loro postazioni, mi spiegava che solo lui e il cantante, sul palco, sentono in cuffia il suono completo dell’arrangiamento, per il direttore con l’aggiunta di un metronomo che scandisce i tempi. Ogni musicista che suoni a Sanremo, ha un audio dedicato che gli consente di gestire al meglio il suono del proprio strumento all’interno dell’arrangiamento e della canzone. Quindi nessuno di loro sente davvero il risultato finale che esce dal mixer audio e finisce in televisione. Non a caso, si trova sul palco la postazione audio che si occupa di questo e della diffusione in sala, con la responsabilità importantissima di evitare l’effetto larsen, ossia i fischi che rovinerebbero irrimediabilmente la canzone e l’esibizione. Trattandosi di una gara, sarebbe un danno pesantissimo.
Negli anni fine Settanta e buona parte degli Ottanta, quando un comodo playback aveva sostituito l’orchestra, occorreva comunque fare attenzione a quanto andava in onda, specie se l’interprete decideva di cantare dal vivo sulla base registrata, oppure quando vi fu su questo un’imposizione nel regolamento. Fece storia un terribile errore tecnico che danneggiò irrimediabilmente l’esibizione della cantante Sibilla, prodotta da Franco Battiato e Giusto Pio. Cantava dal vivo, ma anziché la base senza la voce, fu mandato il playback completo, e in questo modo ovviamente non riuscì a gestirsi e quel che è peggio non poteva essere intonata. Altri cantanti molto noti, nei momenti di pausa allontanavano il “gelato”, ossia il microfono a mano, e i tecnici erano bravissimi a chiudere e riaprire per evitare l’innesco.
Naturalmente, comunque, gestire delle bobine era molto più semplice rispetto a marchingegni computerizzati che in genere, dopo mille prove, fanno sempre le bizze nel momento cruciale, cosa che è puntualmente avvenuta anche quest’anno, come per esempio nell’esibizione di Noemi e Neffa durante la serata delle cover. Da sempre, il team di tecnici radiofonici assicura non solo le dirette sui canali della radio pubblica, ma anche i collegamenti per le varie trasmissioni radiofoniche. Collegamenti e dirette con interviste anche al volo che crebbero in maniera esponenziale negli anni di Rai Stereouno e Rai Stereodue, in pratica quasi tutti gli Ottanta e i primissimi Novanta.
Quest’anno, ma non è la prima volta, si è verificato anche un altro problema che non fa piacere ai cantanti: l’asincrono, un leggero sfasamento tra audio e video che fa sembrare che l’interpretazione non sia dal vivo, mentre invece lo è. Basta mezzo secondo di video prima dell’audio per far tuonare il telespettatore non competente, e fargli sentenziare che l’esecuzione è in playback. Mentre bastava guardare le presentazioni di Amadeus per rendersi conto, specie nella prima serata, che l’asincrono era anche sul parlato. Già, ma era proprio inevitabile questo problema in una competizione di carattere musicale?