Il Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) rappresenta, pandemia compresa e a parte, l’ultima chiamata per il nostro Paese.
Qui si esprime soddisfazione per questo obiettivo dichiarato. Ora arriva la parte complicata, la realizzazione. Chi ha esperienza del sistema Italia, Draghi per primo, sa quanto i prossimi mesi e anni saranno – al contempo – difficili e fondamentali. Perché il PNRR non rappresenta solo un elenco di progetti atti a migliorare il Paese Italia ma è, sia chiaro, la possibilità di ripensare completamente il suo assetto complessivo.
Nessuna delle parti del PNRR è neutra. Se lo si legge con attenzione, il che dovrà avvenire in questi giorni a opera di quanti si dicono sensibili al “bene comune” richiamato ieri dal Presidente del Consiglio, si scoprirà quanto ogni singola parte del documento sia interrrelata con ogni altra: è un documento complesso e nessuna realizzazione potrà avvenire senza attenzione al quadro generale, proiettato negli anni a venire e, dunque, transgenerazionale.
Auspico che, finalmente, con questa occasione nel nostro Paese la parola “riforma” venga tolta da una pericolosa retorica per essere collocata nel quadro di un progetto sistemico. Tutti siamo chiamati a collaborare: dai comportanti individuali alle decisioni strategiche (non solo politiche).
Mi preme sottolineare, tra gli altri, tre aspetti del piano e delle comunicazioni del Premier al Parlamento: la transizione digitale, la transizione ecologica, l’attenzione per il Sud.
Vorrei sottolineare come le due transizioni sopra richiamate rappresentino condizioni di sostenibilità (parola che manca nel titolo del PNRR …), di ripresa e di resilienza non solo per l’Italia ma per tutti i Paesi del mondo e per il pianeta nel suo complesso. Chi, come me, frequenta quotidianamente i think tank a livello globale, sa che vi è un grande dibattito planetario sulle transizioni digitale ed ecologica e su ciò che esse rappresentano in chiave di sviluppo equilibrato, competitivo-cooperativo, il più possibile giusto. Le due transizioni, in sostanza, sono una sfida epocale nel cambio di era che stiamo vivendo.
Ho richiamato l’attenzione per il Sud perché, nel quadro sistemico del PNRR, la progressiva riduzione dei divari territoriali è fondamentale per fare in modo che il sistema Italia cresca insieme. Per troppi anni, infatti, abbiamo “parlato” del Sud: ora è tempo di agire, al fine di considerare il Mezzogiorno d’Italia parte di una unica questione nazionale. Non esiste una questione meridionale. Questo tema, inoltre, colloca il Piano nel quadro locale e globale del contrasto alle crescenti disuguaglianze (e quelle territoriali sono decisive …) in ogni ambito.
Infine, mi si consenta una proposta. Riguardo al PNRR, farebbe bene il Governo a interessare le Università italiane per aprire canali di comunicazione e di collaborazione al fine della formazione delle giovani generazioni e per collaborare in termini di ricerca e di proposte strategiche alla sua realizzazione. L’unica strada per fare in modo che i giovani italiani si sentano parte del destino del proprio Paese è di coinvolgerli progettualmente (non per dare un premio ai migliori) in un lavoro che li comprenda come cammino per diventare classi dirigenti.