sabato, Dicembre 21, 2024

QUELL’ALGORITMO CHE SCANDISCE LE NOSTRE ESISTENZE

La data è una specie di venerdì 17, invece è un normalissimo lunedì, il 4 ottobre 2021. Anzi, in Italia non è esattamente normale, perché ora che i social scandiscono le nostre vite, un blackout di questo tipo in una giornata di spoglio elettorale diventa quasi una tragedia. Ma fosse solo per questo: diventa un pianto anche per chi pubblica soltanto gattini o insulta gratuitamente il vip di turno per dimostrare che dice quello che pensa… oppure per gli influencer o gli altri per cui la “storia” del giorno è diventata una ragione di vita anche quotidiana, magari soprattutto a livello economico.

Al di là di come si usino i social network, perché in realtà esiste anche una maniera virtuosa, la loro assenza dopo essersi insinuati costantemente nelle nostre vite quotidiane diventa una specie di tragedia, così come quando manca la corrente elettrica, e come mezzo secolo fa lo sarebbe stato un guasto alle linee telefoniche. Facebook, Whatsapp, per alcuni anche Instagram sono ormai parte integrante delle nostre esistenze, intendendo non solo le giovani generazioni che le ritengono quasi linfa vitale, ma anche quelle un po’attempate, che in questo modo riescono anche a comunicare magari con vecchi amici o compagni di scuola che la vita aveva allontanato.

Il blackout è stato mondiale: i server del colosso di Mark Zuckerberg sono saltati per circa sei ore, intorno alle nostre 17.40, dando la dimostrazione di come, alle volte, il remoto non basti per garantire il funzionamento della rete, oggi fondamentale non solo per postare il piatto del giorno, ma anche per comunicazioni ben più importanti e al di là dei social. Le tre piattaforme appartenenti a Facebook, ossia oltre a quella omonima anche WhatsApp e Instagram sono state irraggiungibili, sia da computer che da smartphone, dove c’era una frustrazione maggiore perché sembravano connesse, ma invece non si poteva postare né ricevere alcunché. Il ripristino, in realtà, è andato ben oltre le sei ore, perché i server principali in realtà alimentano una sorta di catena, un effetto domino che ha bisogno del suo tempo per tornare completamente attivo. C’è chi nel frattempo ha usato per comunicare piattaforme alternative come Telegram, ma ciò non toglie che per Facebook il lunedì nero sia stato un autentico smacco, tanto che lo stesso Zuckerberg si è dovuto scusare personalmente per l’interruzione, e a noi che non siamo ragazzini di primo pelo venivano in mente i vecchi cartelli delle interruzioni dei programmi tv negli anni Sessanta e Settanta.

Dato che nel variegato popolo dei social spesso si annidano i complottisti, qualcuno ha subito collegato i blackout al fatto che lo stesso giorno fosse uscita allo scoperto la “gola profonda” che accusa Facebook di anteporre il profitto alla sicurezza, e di essere con i suoi attuali algoritmi una minaccia per la democrazia.

La realtà, almeno per quanto riguarda i blackout, si è mostrata molto più semplice, e se vogliamo forse proprio per questo ancora più imbarazzante. L’interruzione, secondo quanto spiegato, è stata causata da modifiche alla configurazione dei router che coordinano il traffico di rete tra i centri dati di Facebook, coinvolgendo anche le altre applicazioni. In questo modo, rapidamente, è venuta a mancare tutta la catena, come se fossero state cancellate tutte le strade che consentono al singolo utente di giungere alla meta, cioè di accedere al social in questione. Infatti, se dal pc si provava in quelle ore a collegarsi con Facebook o con l’applicazione Whatsapp per web, il risultato era esattamente identico a quello che avviene quando si prova a navigare senza rete. Appariva una scritta tipo “computer non connesso a internet”, che ovviamente non rispondeva alla realtà perché bastava collegarsi con qualsiasi altro sito per verificare di essere invece connessi.

In realtà, semplicemente i percorsi per arrivare alle app erano stati modificati, ma è come se tutto il resto della catena non lo sapesse, e da qui il blackout a cascata. Come se qualcuno non mi trovasse al telefono solo perché ho cambiato il numero, insomma.

Occorreva modificare la configurazione su tutta la catena, ma per motivi facilmente intuibili di segretezza e non solo, sono poche le persone in possesso delle “chiavi” per effettuare queste operazioni, e molte negli ultimi tempi lavorano in remoto, a causa dell’emergenza pandemia. Il paradosso è stato che il blackout ha inizialmente impedito agli stessi dipendenti del gruppo di entrare in sede per mettere mano ai data center di Santa Clara, in California, perché quello stesso sistema consente ai loro badge di funzionare. Con i server down, era impossibile anche accedere ai locali. Qualcuno avrà rimpianto la cara, vecchia, serratura metallica…

Affiancato alla polemica legata alla “gola profonda”, il blackout di Facebook e delle sue app ha un costo economico salatissimo per il gruppo e lo stesso fondatore: c’è chi parla di miliardi e chi di centinaia di milioni, anche per il crollo delle azioni in borsa, scese del 5 per cento con una perdita di capitalizzazione di oltre 47 miliardi, comunque recuperabile ampiamente al primo rimbalzo. Piuttosto, ogni minuto di blackout è costato comunque oltre 220 mila dollari per il blocco delle inserzioni pubblicitarie. Per quello che riguarda l’economia mondiale, il danno sarebbe vicino al miliardo di euro, stando almeno ad alcune simulazioni effettuate da Netblocks, una Ong specializzata in sicurezza informatica.

Oltre a tutto questo, nel nostro microcosmo il blackout globale di Facebook è stato vissuto da alcuni come un’autentica tragedia, e magari solo perché non si poteva chattare via Whatsapp, o commentare qui in Italia l’esito delle amministrative, o semplicemente postare la foto del piatto su cui stava per posarsi la nostra forchetta. E magari per altri si è rivelata un’ottima occasione per tornare a dialogare con i familiari o con il prossimo senza la mediazione dello smartphone o del computer. Sono le colpe che una volta si davano alla televisione, da decenni non più in grado di aggregare le famiglie, e che ora si sono addensate sui social con l’aggravante di essere “portatili” attraverso i telefonini. Si rimane sempre connessi, non c’è mai tregua neppure nelle ore della notte o in quelle dei pasti. Il “pericolo” comunque è passato, e sono tornati i “gattini”, i primi piatti non sempre invitanti, i leoni da tastiera e tutte le piacevolezze del genere. Ma è tornata anche per molti, fisicamente lontani, la possibilità di comunicare a distanza. Alla fine, dipende sempre dall’uso che se ne fa. Nonostante le questioni reali e serissime sull’invasività degli algoritmi e tutto il resto.

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