Oggi più che mai, occuparsi di cultura della tecnologia significa occuparsi, avere cura, della condizione umana e planetaria nei tempi difficili che viviamo.
Se, da un lato, la tecnologia nasce in noi (in particolare per migliorare le nostre prestazioni, per rendere più intelligente la nostra intelligenza) e dunque ci appartiene, dall’altro lato (anche complice molta propaganda) la tecnologia è vista solo come un pericolo, come un qualcosa che porta rischi nelle nostre vite. Certo, lo abbiamo ripetuto tante volte, la tecnologia non è neutrale.
Per noi, cultura della tecnologia è cultura della convivenza e del progressivo miglioramento dell’efficienza sistemica delle nostre comunità, dei nostri Paesi fino al mondo. C’è, dietro a questo lavoro, un pensiero che vorremmo condividere ma anche la necessità di analizzare gli elementi valoriali, politici, economici, sociali, di regole che la cultura della tecnologia porta con sé. Insomma, si tratta di un tema complesso che ci invita a ripensare strutturalmente il nostro modo di pensare e di agire.
Due elementi costituiscono l’asse portante della nostra riflessione: il principale è il “dove” dell’uomo, l’altro è la metamorfosi del rischio.
Avremo tempo di approfondire ma, per cominciare, val bene raccontare brevemente l’importanza del “dove” (e non solo perché siamo quelli della “scienza del dove”). Lo sguardo pubblico sul “dove” è oggi molto limitato; infatti, fatichiamo a considerare, in molte analisi, che il nostro spazio vitale è ormai dalla terra allo spazio (e ritorno). E, nel ritornare sulla terra, dobbiamo constatare il sostanziale fallimento della visione globale; per questo, invitiamo tutti a passare da un approccio globale a uno “glocale”.
E’ chiaro che, se nessun processo storico nasce più a livello locale, è a livello locale che esso impatta e “determina”. Inoltre, la retorica di una globalizzazione top-down ha fatto il suo tempo; quel modello deterministico va rifondato nei termini della valorizzazione delle differenze, delle identità, dei tanti colori che compongono il mosaico inestricabile della condizione umana e planetaria.
Nel “glocale” le tecnologie, attraverso la geolocalizzazione, aiutano l’organizzazione e il governo dei nostri dati perché, in quel “dove” e in ogni “dove”, la nostra inarrestabile mobilità può essere fonte di conoscenza per migliorare gli assetti complessivi delle nostre città. L’utilizzo dei dati, ma lasciamo il tema a chi si occupa di trovare le soluzioni tecnologiche, è ormai strategico in molti settori: dai servizi pubblici (si pensi alle multiutility), alla salute pubblica, all’istruzione e alla formazione, alla difesa e fino all’agricoltura di precisione.
Il secondo elemento portante è la metamorfosi del rischio. Non è più una notizia sostenere che il rischio si è fatto imprevedibile, impalpabile, asimmetrico. Tutto questo, però, va reso parte di una cultura della tecnologia che rifletta nel profondo su cosa significhi questo passaggio e, al tempo stesso, va reso parte di una realtà nella quale l’elemento cyber è sempre più decisivo (in ogni contesto e a livello planetario).
Qui si legano il “dove” e il rischio: è la complessità dell’esperienza umana nel destino planetario che ci invita a un lavoro progettuale di ampio e lungo respiro.