Arriva una legge europea sui mercati digitali. E’ stata approvata a larga maggioranza la relazione sul Digital Markets Act (Dma) nella commissione del Parlamento Europeo per il Mercato interno (Imco), referente sul provvedimento. La commissione ha adottato con 42 voti a favore, due contrari e un’astensione la sua posizione sulla proposta di legge sui mercati digitali. Il testo viene votato nella riunione plenaria prevista nel mese di dicembre 2021 e diventerà la base per i negoziati con i governi dell’Ue, intese che dovrebbero iniziare sotto la presidenza francese del Consiglio nel primo semestre del prossimo anno.
Quali sono i contenuti del provvedimento? Più obblighi per i gatekeeper, le grandi piattaforme online attive sul mercato interno Ue, sanzioni più severe in caso di violazioni ed estensione del campo di applicazione della proposta di regolamento europeo: sono questi i punti cardine alla base delle richieste di modifica al Digital Markets Act (Dma) approvate dalla commissione e confluite nel mandato negoziale approvato per procedere con il Consiglio Ue. Da parte degli operatori che hanno partecipato alla fase di consultazione del testo proposto dalla Commissione, non mancano le preoccupazioni per le posizioni dominanti assunti dai gatekeeper e per i loro impatti anche sul nostro settore, come gli investimenti pubblicitari, ribadendo l’urgenza di interventi che ristabiliscao il level palying field a tutela del settore radiotelevisivo e della filiera che ad esso fa capo.
La Commissione europea aveva pubblicato la proposta Dma nel mese di dicembre dello scorso anno con l’obiettivo di regolamentare il settore delle grandi piattaforme online sul mercato interno fissando delle soglie di fatturato e di utenti attivi, superate le quali per un determinato periodo di tempo esse vengono designate come gatekeeper ed antrano nel campo di applicazione del regolamento. I deputati hanno modificato la proposta della Commissione aumentando le soglie quantitative: affinché un’azienda rientri nell’ambito della Dma a 8 miliardi di euro di fatturato annuo nello Spazio economico europeo (See) e una capitalizzazione di mercato di 80 miliardi di euro. Per qualificarsi come gatekeeper, le aziende devono inoltre fornire un i cosiddetti “core platform service” Cps in almeno tre paesi dell’Ue e avere almeno 45 milioni di utenti finali mensili, nonché più di 10 mila utenti aziendali. Ma vediamo cosa accade per i gatekeeper, controllori dei servizi di piattaforma “core”. Il regolamento si applicherà alle principali società che forniscono i cosiddetti “core
platform services” Cps: i deputati hanno adottato una definizione estesa includendo i servizi di intermediazione online, i social network, i motori di ricerca, i sistemi operativi, i servizi di pubblicità online, di cloud computing e di condivisione di video. Si segnala che sono esplicitamente inclusi nell’ambito del Dma anche browser web, assistenti virtuali e smart tv. Sul fronte degli obblighi, i gatekeeper dovranno astenersi dall’imporre condizioni inique a imprese e consumatori. In particolare, deve astenersi dal combinare i dati personali allo scopo di fornire pubblicità mirata o micro-mirata, per i propri scopi commerciali e per l’inserimento di pubblicità di terzi nei propri servizi, a meno che non vi sia un “consenso chiaro, esplicito, rinnovato, informato”, in linea con il Regolamento generale sulla protezione dei dati Gdpr, ed è prevista una esclusione esplicita dei dati dei minori. I deputati hanno convenuto di autorizzare la Commissione a imporre “rimedi strutturali o comportamentali”, prevedendo la possibilità per la Commissione di limitare i gatekeeper dall’effettuare acquisizioni in aree rilevanti per il Dma per porre rimedio o prevenire ulteriori danni al mercato interno. I gatekeeper sono inoltre tenuti a informare la Commissione di qualsiasi concentrazione prevista.
In tema di cooperazione a livello dell’Ue, i deputati mantengono l’applicazione in capo alla Commissione Ue e pur ribadendo il ruolo delle autorità nazionali garanti della concorrenza propongono la creazione di un “Gruppo europeo di alto livello dei regolatori digitali”. Fra le altre proposte si richiede che il Dma garantisca disposizioni adeguate per gli informatori che allertino le autorità competenti di violazioni effettive o potenziali e proteggerli da ritorsioni. In tema di sanzioni, la Commissione potrà imporne “non inferiori al 4% e non superiori al 20%” del fatturato mondiale totale nell’esercizio finanziario precedente. Danimarca, Italia, Portogallo e Spagna hanno inviato al Consiglio una nota esprimendo la preoccupazione che il regolamento possa essere “annacquato” nei prossimi negoziati interistituzionali, che dovrebbero iniziare non appena il Consiglio dell’Ue e il Parlamento europeo si saranno accordati sulle rispettive posizioni. Senza dimenticare che è in dirittura d’arrivo un altro regolamento importante, la legge sui servizi digitali (Dsa), sempre sulle piattaforme online in tema, anche, di contenuti e algoritmi illegali, che sarà votata dalla commissione in una prossima riunione.