Sono ormai due anni che la pandemia ci affligge, ma l’ottimismo ci deve accogliere e dare la forza per rinnovare e rivedere in meglio quello che è stato fatto e soprattutto quello che faremo.
Come Magazine abbiamo affrontato molti temi, tanti di visione globale anche a corolla[1]rio degli aspetti tecnologici. In questo mio Point Break voglio riportare al centro la tecnologia e soprattutto quella della “The Science of Where”.
Recentemente a una cena a Roma con dei colleghi di ESRI International abbiamo scherzato sulla “traducibilità” della “The Science of Where” nelle diverse lingue, e di come nelle traduzioni si perdano un po’ il significato e il
fascino del termine. Mi sono venuti in mente i vari discorsi fatti con l’amico Piero Bassetti sul Glocalismo: il globale e il locale e di come, a volte, le grandi intuizioni siano difficili da spiegare. Ma gli aspetti tecnologici e soprattutto quelli della “The Science of Where” sono diventati, anche grazie al Magazine online e cartaceo, più comuni e condivisi. Sicuramente il percorso è ancora lungo, ma la via è tracciata e dobbiamo dire anche grazie alla nostra piccola comunità.
Che la “The Science of Where” si stia sempre più diffondendo lo stiamo notando, come Azienda, dal grande interesse che viene dimostrato sia dai clienti che dai grandi System Integrator che fino a poco fa vedevano le tecnologie legate all’analisi spaziale, come secondarie. Ma ora sta diventando palese che la “The Science of Where” inizia ad essere non solo necessaria ma fondamentale nello sviluppo tecnologico. Spesso si è spesa molta fatica per far comprendere l’importanza di questa tecnologia.
Anche oggi non è così semplice, ma qualcosa sta cambiando e l’uso della conoscenza del Where e di come questa si debba relazionare nel contesto, dall’ambiente alla mobilità dall’economia alla società dal globale al locale, sta diventando una realtà di fatto.
Tutte le tecnologie oggi si stanno sempre più interessando alla loro relazione spaziale. La conoscenza spaziale a sua volta va oltre la definizione della mera georeferenziazione ma approfondisce le relazioni e le connessioni diventando “The Science of Where”.
Soprattutto oggi, dove si cerca di riportare tutto a un modello digitale o gemello digitale, o nel futuro come “METAVERSO”, certamente non si può fare a meno della “The Science of Where”.
Il Metaverso di Neal Stephenson, oggi ripreso in parte da Zuckerberg, non si potrà completamente realizzare se non saremo capaci, nei prossimi anni, di creare un twin digitale corretto e coerente del nostro “Where”, un Land Information Model, un World Information Model, un Environment Information Model e perché no… un Galaxy Information Model.