venerdì, Novembre 22, 2024

GLI OBIETTIVI DI PUTIN

The Science of Where Magazine incontra il Generale Vincenzo Camporini, già Capo di Stato Maggiore della Difesa e oggi consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali.
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Le ragioni storiche non valgono solo per Putin ma basta studiare per sapere che il popolo ucraino, fin da tempi lontani, non vede di buon occhio Mosca. Partiamo da qui per ragionare a caldo della delicata situazione tra Russia e Ucraina.
 
Bisogna capire gli obiettivi reali di Putin, argomenta Camporini, e non è cosa semplice. Inizialmente si poteva pensare che il Presidente russo volesse fare pressioni sul governo di Kiev per realizzare gli accordi di Minsk 2, dare autonomia alle regioni separatiste nell’area del Donbass. O replicare la soluzione adottata in Georgia. O, ancora, aiutare le popolazioni del Donbass ad assumere il pieno controllo dei territori contesi (che, al momento, sono per due terzi in mano ucraine e per un terzo in quelle degli indipendentisti). Ma tali ipotesi non giustificano l’attacco di questa notte. Ora, senza alcuna certezza e restando nel campo delle ipotesi, si potrebbe pensare all’obiettivo di eliminare la resistenza armata ucraina per stabilire un nuovo governo a Kiev che giuri di non aderire mai alla NATO. Insomma, un regime change in piena regola.
Non voglio pensare, continua Camporini, che Putin voglia occupare l’Ucraina. Ciò, in prospettiva, sarebbe un bagno di sangue per la Russia, un inferno già vissuto ai tempi dell’occupazione dell’Afghanistan …
Il discorso si sposta sul ruolo dell’Occidente. Attenzione, nota Camporini, una volta sapevano scrivere i trattati e l’articolo 5 del Trattato istitutivo dell’Alleanza Atlantica è chiaro. Val bene ricordarlo: “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali”.
Ebbene, ricorda Camporini, Kiev non fa parte della NATO. L’Alleanza Atlantica, dunque, non può essere utilizzata come spauracchio in questa situazione. Altra cosa, naturalmente, è che singoli Paesi decidano di dare supporto logistico, in termini di materaili e armamenti, all’Ucraina. Naturalmente correndo il rischio di esacerbare il risentimento dei russi … Piuttosto, merita una riflessione l’ossessione di Putin di tenere la NATO lontana dai propri confini: basta guardare i Paesi con cui confina la Russia.
Un tema, per concludere, è quello assai dibattuto delle sanzioni. Attenzione, ammonisce Camporini. le sanzioni sono un’arma a doppio taglio sia per i Paesi che le erogano che per quelli che li subiscono. L’estensione temporale, però è diversa. I Paesi che le subiscono le pagano sul medio-lungo termine mentre quelli che le erogano le pagano pressoché subito.
Siamo di fronte a un casus belli del tutto particolare. Avvolto nell’incertezza, avremo ancora molto da vedere. Nella speranza che la diplomazia e la deterrenza prevalgano.

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