L’Ambasciatore Maurizio Melani ci aiuta a capire cosa sta accadendo tra Russia e Ucraina e, nell’incertezza della situazione, a individuare i passi successivi. Leggi qui il precedente intervento dell’Autore.
I difficili possibili tentativi per porre fine alle ostilità
Diversi sono gli attori che potrebbero muoversi, e probabilmente si stanno già muovendo dietro le quinte, per favorire un percorso che possa porre fine al conflitto in Ucraina.
Come in ogni trattativa di questo tipo si parte da un accordo sul cessate il fuoco, ma questo in genere ha successo se vi è già l’individuazione, per quanto generica, di un punto di caduta quale contenitore di successive intese su modalità operative ed “end state” del negoziato.
Oggi le parti sono su posizioni antitetiche e quanto avvenuto in questi giorni le spinge da un lato ad avviare un dialogo ma dall’altro rende più difficile una via d’uscita che consenta ad entrambe di dire che hanno ottenuto un risultato soddisfacente.
L’incontro svoltosi il 28 febbraio al confine tra Bielorussia e Ucraina si è concluso con l’intesa a rivedersi nei prossimi giorni. Commenti soprattutto da parte russa indicano che sono stati individuati alcuni punti prioritari sui quali una intesa potrebbe essere trovata per arrivare al cessate il fuoco. I combattimenti intanto continuano.
Non è molto, ma almeno non vi è stata la temuta rottura sul nascere. La parte russa avrebbe proposto un assetto basato su neutralità dell’Ucraina e riconoscimento dell’annessione della Crimea. Di questo Putin avrebbe parlato con Macron impegnandosi anche, seconto quanto riferito dal Presidente francese che si ripropone come interlocutore con il leader russo a nome degli europei, a non colpire la popolazione civile.
La proposta è ancora inaccettabile per l’Ucraina e per i suoi sostenitori occidentali ma è diversa dai propositi, a più riprese annunciati in questi giorni da Putin, di controllo russo del paese attraverso un cambiamento di regime a Kiev e intanto di accettazione dell’indipendenza delle due sedicenti repubbliche popolari del Donbass riconosciute dalla Russia.
Sembra quindi che le decisioni prese sulle sanzioni e sul sostegno alla resistenza ucraina, nonché l’apparente indebolimento del fronte interno russo, stiano producendo effetti su Putin.
Si tratta ora di vedere se azioni di facilitazione da parte di attori esterni possano dare a quanto avviato la spinta necessaria. Si dovrà trattare di soggetti dotati della necessaria autorevolezza, accettati dalle due parti e quindi al momento non schierati ma che hanno un primario interesse specifico alla fine del conflitto o comunque ad avervi un ruolo di protagonista.
Il primo ad essersi proposto in ordine di tempo è la Turchia. Membro della NATO che non ha riconosciuto l’annessione della Crimea ma desiderosa di non turbare il delicato equilibrio stabilito in Siria e in Libia con la Russia, è assai probabile che la sua offerta abbia poco successo se non inserita in un quadro a piu voci.
Il secondo è la Santa Sede. Papa Francesco ha in più occasioni lanciato un appello alla pace, ha sottolineato i guasti che produce la guerra, ha evitato di evidenziare esplicitamente chi è l’aggressore e ha compiuto il gesto assolutamente inedito nella prassi diplomatica di recarsi personalmente dall’Ambasciatore russo presso la Santa Sede per trasmettere un messaggio a Putin di cui si ignorano i contenuti specifici ma che era prevedibilmente diretto ad indurre la Russia a porre fine alle ostilità e, in primo luogo, a risparmiare la popolazione civile. Ma dietro di questo è probabile che la diplomazia vaticana si stia muovendo su più direzioni essendo però difficile prevedere quanto possa uscire di concreto da una simile azione tenendo anche conto delle ripetute riserve della Chiesa ortodossa russa, diversamente da altre Chiese orientali, nei confronti delle aperture ecumeniche di Papa Francesco.
Un terzo possibile facilitatore è la Cina. Il conflitto disturba i suoi piani di penetrazione economica e infrastrutturale in Europa. E’ un deciso difensore dell’integrita’ territoriale degli Stati. Non ha conseguentemente riconosciuto l’annessione russa della Crimea. Non ha particolarmente gradito l’azione della Russia in Kazakistan in un’area, l’Asia Centrale, prioritaria per Pechino, sia in termini di approvvigionamenti energetici che per il rilievo dei corridoi logistici verso l’Europa che da qui dovrebbero passare. Nel contesto dei comuni problemi che entrambi i paesi hanno con gli Stati Uniti e i suoi alleati, la Cina ha però al tempo stesso riconosciuto le preoccupazioni russe per l’allargamento ad est della NATO ed ha ribadito la sua ostilità di principio all’uso delle sanzioni. Nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Cina si è astenuta sulla risoluzione di condanna dell’aggressione promossa dagli americani e dagli europei convergendo in questo con l’India, suo avversario geopolitico in Asia ma con tradizionali consolidati rapporti con la Russia, e con gli Emirati Arabi Uniti che, per quanto alleati degli Stati Uniti, hanno intensi rapporti economici con la Cina. Un suo ruolo nella facilitazione potrebbe garantire la Russia quando questa, sotto le crescenti pressioni, si convincera’ ad accettare un soluzione che riporti indietro le lancette dell’orologio e la trattativa a quanto veniva posto sul tavolo soprattutto dagli europei (attuazione degli accordi di Minsk e ricostruzione di un sistema di sicurezza europea basato sui principi dell’OSCE).
Un quarto attore che propone i suoi buoni uffici e’ Israele. Sotto le pressioni di Blinken il Ministro degli Esteri Lapid ha condannato l’aggressione, ma più cauto è stato il Primo Ministro Bennett. Notevolmente cresciuta negli ultimi decenni e influente sul piano politico è la componente proveniente dalla Russia della popolazione israeliana. E con la Russia, che in Siria sostiene Assad assieme a Iran e Hezbollah, Israele ha un accordo per evitare incidenti tra loro quando le sue forze attaccano i maggiori nemici di Gerusalemme in territorio siriano.
Molto buoni sono anche i rapporti con Zelenski, lui stesso ebreo, che costantemente appoggia le posizioni israeliane.
E’ tuttavia difficile che i diversi tentativi di composizione del conflitto avviati o soltanto proposti o programmati abbiano dei seguiti concreti in questa fase. Per un certo tempo, che si spera il più breve possibile, sarà purtroppo la situazione sul terreno a dettare l’agenda, rispetto alla quale sarà importante rafforzare, come si sta facendo, la posizione dell’Ucraina.