Antonio Maria Costa, già Vice-Segretario Generale dell’ONU, è autore – per Gribaudo – di un libro interessante dal titolo La guerra di Putin. Attacco alla democrazia in Europa.
Il testo si distingue, per complessità, dalle molte pubblicazioni sull’attualità della guerra in corso nel cuore dell’Europa. L’Autore esprime una posizione “realisticamente progettuale”. L’invito al lettore è a conoscere, non solo a essere informato, su ciò che accade. Costa, forte di una esperienza internazionale assai rilevante, ci accompagna nelle tante dimensioni di questa guerra. La definizione di “guerra ibrida” ben si adatta all’articolazione del libro.
Come assaggio del lavoro dell’Autore, rivolgiamo il nostro interesse al capitolo intitolato Cibernetica, il potere dello schermo. L’elemento tecnologico entra prepotentemente nell’analisi, e non potrebbe essere diversamente.
Ascoltiamo Costa (p. 98): L’arte della guerra evolve grazie al diffondersi dell’informatica nelle attività belliche. Oggi sul fronte ucraino l’hi-tech gioca un ruolo dal lato della domanda, come da quello dell’offerta. La domanda viene dai campi di battaglia, dove la fluidità delle posizioni al fronte (ora i russi avanzano, ora gli ucraini, e così via) obbliga i comandanti militari a cercare il maggiore volume possibile di informazioni sul nemico: movimenti, risorse, suggerimenti. Anche l’offerta di informazione conta: mai come ora c’è disponibilità di notizie sull’avversario, non solo di natura bellico-logistica, ma anche di tipo socio-psicologico: la reazione della popolazione al conflitto, l’umore dei civili nelle retrovie, l’impatto dei combattenti sull’opinione pubblica, a volte anche semplici vedute di uno scontro a fuoco riprese da un terrazzo. Sotto il duplice impatto di domanda e offerta, le fonti di informazione esplodono: ogni cittadino è potenzialmente un informatore, che ha indagini come passatempo, hobby, e le dissemina ai quattro venti. Tra le tante informazioni fornite volontariamente dal pubblico, c’è a volte qualcuno che trova in esse proprio quel frammento di notizia, foto o video che può essere utile a scopi bellici. Di conseguenza, l’invasione russa è narrata a ritmo vertiginoso sui mezzi di comunicazione sociale, dove un esercito di hobbisti pratica lo spionaggio come passione, un volontariato a fini (solitamente, ma non sempre) di pace. Un’armata di lavoratori, un’auto-proclamata comunità di informazione a fonte aoerta (open source intelligence, OSINT) che tiene traccia di, e ripercuote in rete, ogni movimento dei combattenti. Cittadini che caricano immagini e video geo-referenziati su momenti (anche minuscoli) del conflitto così come li testimoniamo in diretta: informazioni vere ma anche false, rilevanti e spesso inutili, piccole e grandi che nell’insieme influenzano la tattica sul campo e passano informazioni a chi potrebbe trovarle utili.
Ancora l’Autore (pp. 100 e 101): (…) gli ucraini sono da sempre pronti allo sviluppo e all’uso della tecnologie cibernetiche. Prima del conflitto, i pirati informatici ucraini erano noti in tutto il mondo, anche per attività criminali. Quindi il paese conta su una maestria tecnologica che, in guerra, diventa capitale umano al servizio pubblico: gli ucraini sviluppano, condividono e usano informative sulla guerra catturate dai social media per difendere la madre-patria. Il fulcro di queste informative è la geo-localizzazione delle situazioni, diffuse al mondo intero grazie al facile uso e all’alto impatto. Quando un video o un’immagine del conflitto emerge, gli hobbisti scansionano il filmato alla ricerca di punti di riferimento e altri indizi, per individuarne la posizione, verificarne l’accuratezza, magari sfatarlo come tentativo di propaganda, oppure ancora confermarlo. (…) Con il passare del tempo, i cittadini-informatori diventano più esperti e la loro mobilitazione mostra le vaste conseguenze della raccolta di informazioni con mezzi semplici quanto una foto o una registrazione da cellulare. Alcuni utilizzano la tecnologia della mappatura degli incendi sviluppata dalla NASA per riscontrare possibili “anomalie termiche” in Ucraina, a supporto di affermazioni di nuovi combattimenti o bombardamenti in una data regione.
La guerra in Ucraina, dunque, si avvale del fattore tecnologico, e della scienza del dove in particolare, come elemento decisivo. Per conoscere la prima guerra ibrida del XXI secolo in Europa non si può rinunciare all’approccio complesso.