Dopo le parole del Segretario generale dell’ONU, Guterres, il Presidente di Eurasia Group, Ian Bremmer, rilancia il tema della necessità di regolamentazione globale dell’intelligenza artificiale.
Tecnologia che trasforma tutti i paradigmi della globalizzazione e delle relazioni internazionali, passando dentro ogni ambito delle nostre vite personali e della convivenza, l’intelligenza artificiale è in perenne movimento. La mediazione tra le esigenze del progresso e i rischi che esso comporta è complessa.
Le Nazioni Unite, sull’intelligenza artificiale come su altre questioni globali e molto sensibili, hanno la responsabilità storica (particolarmente nel mondo multipolare) di lavorare efficacemente a far incontrare posizioni diverse, a volte divergenti. Come nota Bremmer in una intervista a CNBC, tutti i sistemi hanno l’esigenza di regolamentare una tecnologia ‘bifronte’: da un lato, infatti, essa ha il potenziale di incidere come un sostanziale salto evolutivo e, dall’altro, ci mostra lati oscuri tutti da scoprire e sui quali riflettere.
Un tema è chiaro. L’intelligenza artificiale riguarda il futuro (già presente) dell’umanità e del pianeta e, pertanto, impatta sul futuro del lavoro, sulla salute globale, sulla governance delle città e dei territori, sulla sfida dei cambiamenti climatici, sulla sicurezza, sulle nuove forme della guerra e così via. L’AI non può essere oggetto di pura competizione ma i player globali devono trovare punti d’incontro, di cooperazione strategica, nell’interesse generale.
L’etica dell’intelligenza artificiale, finalizzazione di una rivoluzione tecnologica che non possiamo arrestare, è possibile solo in un quadro di ‘tecno-realismo’. A nulla valgono gli appelli morali, l’appiattimento a-critico o il fragile antagonismo: serve la politica, dentro un nuovo pensiero geostrategico. Affinché il ‘geo-technology stability board’ proposto da Brenner abbia senso, occorre sempre maggiore conoscenza delle frontiere della tecnologia e crescente attenzione nel governare una evoluzione trasformante.
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