(di Marzia Giglioli – The Global Eye)
Tra questioni etiche e previsioni apocalittiche, cammina o meglio corre l’intelligenza artificiale: ci si chiede quanto modificherà il futuro del lavoro e quali professioni spariranno, mentre gli analisti cercano di trovare una possibile ‘traduzione’.
Lo scenario reale è, intanto, più concreto e drammaticamente più banale: l’AI sta riducendo i salari, come si legge in uno studio apparso in questi giorni sul Bulletin della Bce.
Contrariamente alla percezione che si ha, l’AI – secondo lo studio – sta “creando’ e non ‘dustruggendo’ posti di lavoro. Su 16 Paesi europei, la quota occupazionale dei settori ‘esposti’ all’intelljgenza artificiale è aumentata, mentre i lavori di bassa e media qualificazione risultano inalterati. Parallelamente, le posizioni lavorative molto qualificate risultano in netta ascesa.
Gli autori dello studio si mantengono comunque prudenti ma affermano che i timori che l’AI possa sostituire il lavoro umano siano esagerati. La ‘fotografia’ della situazione non è di uno sconvolgimento evidente, quasi in contrasto con le precedenti ‘ondate tecnologiche’ quando l’informatizzazione aveva immediatamente ‘tagliato’ molti posti di lavoro.
Ma i sintomi ci sono quasi tutti e alcuni sono abbastanza ‘invisibili’. Molte aziende stanno tagliando posti di lavoro collaterali, non direttamente legati all’introduzione dell’intelligenza artificiale che invece sembra dare sbocco ad una nuova occupazione giovanile e ad incrementi nel lavoro qualificato, almeno da quanto si registra in Europa.
La conclusione e’ comunque criptica: è difficile fare previsioni visto che l’AI può entrare in tutti i settori gestiti dall’uomo.