RADAR 10 – 16 Febbraio 2025
IL PUNTO SUL GOVERNO: efficace sulla politica estera, poco incisivo sulle questioni interne. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni si sta avvicinando alla metà del mandato e, come si vede dai dati presenti nel pannello SWG di questa settimana, dispone
di un sostegno ancora piuttosto solido, il che è tutt’altro che usuale per i governi italiani. Si rileva in crescita anche la quota di persone per le quali il Governo sta superando le proprie aspettative. Approfondendo l’analisi delle posizioni dei cittadini emerge, tuttavia, che a trascinare le valutazioni complessive sul Governo siano soprattutto la popolarità della Premier e il diffuso riconoscimento di un’efficace politica estera. Sul fronte interno, invece, le politiche del governo non riscuotono particolari elogi. La maggior parte dei rispondenti non sa indicare una misura, una legge o una riforma rilevante realizzata negli oltre due anni di attività del Governo e tra chi ne esprime una, i più citati (essenzialmente fisco e immigrazione) hanno impressionato soltanto una parte molto limitata dei cittadini. Se sulla gestione del PNRR e dell’economia i riscontri sono discreti, si registra una prevalenza
netta di voci critiche per quanto riguarda la lotta alla povertà e la sanità. Non c’è, di fatto, nel paese la sensazione che questo Governo stia dando una sferzata all’Italia, visione condivisa anche da una parte consistente del centrodestra. Sono piuttosto la politica internazionale e la sua stabilità a determinarne il valore. Passando a una questione più specifica, si mostra chiara la posizione dell’opinione pubblica sul caso Santanchè: a seguito dei procedimenti giudiziari in cui è coinvolta, a chiederne le dimissioni non è solo, in maniera compatta, l’elettorato delle opposizioni ma anche la parte prevalente della maggioranza.
EUROPA E IA: prevale la richiesta di un approccio regolatorio. Investimenti necessari per la competitività. Il nodo della transizione. Tra le forze trasformative della nostra era, l’Intelligenza Artificiale sta rapidamente guadagnando centralità negli equilibri globali. La ricerca di un equilibrio tra innovazione, business, etica e regolamentazione è alla base di eventi come l’AI Action Summit di Parigi, dove leader mondiali si sono confrontati sulle linee guida necessarie per uno sviluppo sostenibile e sicuro di questa tecnologia, stabilendo altresì gli impegni dell’UE per i prossimi anni. Tra gli italiani prevale ancora un’opinione ottimistica nei confronti dell’IA (51%), eppure in una quota crescente dell’opinione pubblica emerge un senso di preoccupazione: il 41% (+12% negli ultimi due anni) è più incline ad intravederne i rischi. Il Paese chiede un approccio più prudente e regolatorio (58%) come quello dell’UE, rispetto ai modelli di Usa o Cina. Durante il Summit l’UE ha annunciato di voler stanziare molti fondi per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, tra cui 20 miliardi di investimento nelle ‘gigafactory’ del settore. Una scelta vista dagli italiani come necessaria per stare al passo con le altre potenze, ma anche rischiosa considerando l’incertezza del settore. Quasi un terzo, invece, la valuta negativamente e ritiene che queste risorse dovrebbero essere rivolte altrove, a partire da sanità e occupazione. Uno dei punti più divisivi riguarda il grande dispendio di energia necessario al funzionamento dei modelli e allo sviluppo dell’IA. Ed è qui che emerge una
prospettiva inaspettata: quasi 1 italiano su 3 preferirebbe che si investisse in innovazione anche a costo di rallentare il processo di transizione energetica verso le produzioni ‘pulite’. Entusiasmo tecnologico? Non proprio: piuttosto uno stato di necessità geopolitica, con il quale la transizione dovrà fare i conti.
LA MUSICA DI OGGI: banale e omologata ma specchio dell’Italia contemporanea. La musica segna lo spirito dei tempi ed è lo specchio dell’anima dei decenni. Lo ha fatto in passato e continua a farlo oggi: al punto che per 2 italiani su 3 la musica che viene prodotta nel nostro Paese è rappresentativa della società e del modo di vivere la nostra epoca (sono soprattutto i più giovani a pensarla così, con un dato che supera l’80% tra la Generazione Z). La produzione musicale italiana sta attraversando oggi, a parere dei più, un momento di stagnazione. Gli aggettivi più ricorrenti per descriverla sono prevalentemente negativi: banale, standardizzata, persino fastidiosa. Anche per la Generazione Z, i contenuti musicali proposti sono poco diversificati, omologati e privi di fantasia. A prescindere dal giudizio positivo o negativo che si possa avere sul mondo musicale, è opinione comune che sia fortemente cambiato negli ultimi anni. Ha introdotto nuovi generi e contaminato stili, stravolto i percorsi di entrata e moltiplicato le piattaforme di ascolto. È infatti convinzione generale che sia un mondo più democratico dove l’ascolto, la fruizione e la possibilità di far sentire la propria voce sono più facili grazie alle piattaforme di streaming e ai social network. Sui talent show, invece, il pensiero degli italiani si divide tra chi li crede un facile punto di accesso al mondo della musica e chi invece li incolpa di appiattirlo, svuotarlo e renderlo molto più commerciale. Infine, se l’autotune è bocciato da gran parte degli italiani, la mescolanza di generi è ormai una realtà.