la Repubblica (con tecnologia Esri), Nel nome di Mahsa (di Laura Lucchini e Gabriella Colarusso, a cura di Paola Cipriani e Valeria D’Angelo) ha verificato e geolocalizzato alcuni dei video più emblematici che hanno mostrato al mondo le proteste e il ruolo guida delle donne.
Il 22 settembre, Niloufar Hamedi, una nota giornalista iraniana del quotidiano Shargh, diffonde la notizia della morte all’ospedale Kasra di Teheran di Mahsa Amini, una 22 enne curda che era stata arrestata dalla polizia morale il 13 settembre con l’accusa di non aver indossato correttamente il velo obbligatorio che la Repubblica Islamica impone alle donne. Le autorità tentano di accreditare la tesi della morte per infarto, la famiglia smentisce e denuncia invece che la ragazza è stata picchiata così forte da averle procurato un trauma. La foto dei genitori di Amini in lacrime nel corridoio dell’ospedale viene condivisa migliaia di volte. Davanti al Kasra iniziano a radunarsi decine di persone, nel giro di pochi giorni l’Iran si infiamma. Le manifestazioni si diffondono in più di 80 città guidate dalle donne e dai giovanissimi. “Jin, jiyan, azadi”, “donna, vita, libertà”, diventa lo slogan principale di un movimento spontaneo che chiede diritti civili e libertà politiche, sviluppo economico, democrazia.