sabato, Novembre 23, 2024

LA POTENZA DELLA DISINFORMAZIONE. UN CONTRIBUTO DI ADRIANA PIANCASTELLI MANGANELLI

Anticipiamo il contributo di Adriana Piancastelli Manganelli per il numero cartaceo di dicembre di The Science of Where Magazine.

Adriana Piancastelli Manganelli, già pubblicista, ha seguito il fenomeno delle analisi di media nazionali ed internazionali, in diverse lingue da un ventennio, come Responsabile dello specifico settore in uno degli ambiti della Presidenza del Consiglio. E’ interessata da sempre alle dinamiche distorsive della informazione ed alle connessioni psicologiche e sociali nei social e mass media. E’ stata una delle prime investigatrici di Polizia, dopo la riforma del 1981 che aveva aperto la carriera operativa anche alle donne. Sposata con Antonio Manganelli, Prefetto e Capo della Polizia, scomparso nel 2013.

 

 

La verità, vi prego, sulla disinformazione !

Non esiste. Non c’è verità. Come un falso d’autore accanto a un’opera d’arte, come la moneta cattiva scaccia quella buona (cit.Gresham), come quello che accade ogni giorno in un mondo immerso in un “….mercato mondiale in cui si possono vendere….i propri prodotti cognitivi in uno scambio immediato di opinioni ed informazioni…” (cit.Gerald Bronner – “La democrazia dei creduloni”), si rincorrono brandelli di destrutturazione informativa con parvenze di vero, verosimile, falso, quasi vero, in un gioco di specchi deformanti.

Certamente, da un punto di vista genetico, è una forma di divulgazione callida e dolosa, distorta e parziale di informazioni, o pseudo tali, per influenzare e condizionare opinioni, pensieri, sentimenti, quindi convinzioni, reazioni e comportamenti indotti.

Certamente è un’arma strategica e tattica usata da sempre, fin dallo stupefacente simbolo biblico che è la matrice di tutte le disinformazioni: il serpente tentatore che, solo con parole e promesse illusorie, trae in inganno Eva nell’Eden condannando l’umanità ad una vita di sofferenze.

Certamente la disinformazione è presente in tutti i periodi storici, in ogni angolo del mondo per raggiungere scopi sociali, economici, militari, finanziari e perfino religiosi.

Ai nostri giorni, però, la velocità di trasmissione e di ricerca, favorita anche dalla istintività e dal narcisismo di fondo dei social media, ha inquinato la sfida alla verità privilegiando la comunicazione e penalizzando l’informazione.

In tutte le sfumature e le declinazioni, dalla misinformazione – diffusione di contenuti non veritieri riportati senza particolare intento malevolo, ma con la superficialità della velocità che non attende e non vuole attendere dubbi nè tempi di verifica – alla malinformazione – come divulgazione di fatti accaduti decontestualizzati e strumentalizzati, banalmente il gossip -, la disinformazione pervade e allaga ogni forma di media diventando propaganda, fase di psyops, certezza, sospetto e castello di carta.

Chi disinforma?

Tutti, potenzialmente tutti. Dal giornalismo mainstream, all’influencer fashion, dal flusso organizzato di regimi ibridi, alle sette religiose, dal foglio di quartiere alla pubblicazione di arte, il rischio che la vera e propria manipolazione sigli la vittoria del condizionamento è immanente e costante.

E’ più facile che gli obiettivi su cui gioca la fascinazione siano le categorie di soggetti più fragili, con livelli culturali e sociali meno consolidati, più inclini a credere in promesse fatue e garanzie fittizie in cambio di gocce di sicurezza e consapevolezze sconosciute.

Chi disinforma abitualmente ha gioco facile: studia obiettivi e tempi di realizzazione, costruisce contestualizzazioni e connessioni con voli pindarici e collegamenti a metà, realizzando quello che Chomsky ha definito efficacemente elementi di “ingegneria storica”.

La catena della disinformazione satura le notizie e divora gli spazi divulgativi con perseveranza, distillando notizie borderline tra attendibilità e verosimiglianza. per rendere il controllo complesso e complicato e la matrice, a volte, irraggiungibile.

La disponibilità immensa di informazione e pseudo tale, spesso gratuita ed autoprodotta, crea sacche  di convinzioni e credenze distorte che possono incidere profondamente nella psiche moltiplicando ansie e angosce sottili, come è accaduto nei giorni poco sereni della pandemia COVID.

Si sono dichiarate guerre inutili e generate ideologie distruttive su presupposti esistenziali tessuti di disinformazione.

Si è creato uno stato di precarietà nella verità talmente profondo che il codice di condotta contro la disinformazione nato in seno alla Comunità Europea nel 2018 a difesa del diritto ad un’informazione reale e vera è stato  ri-strutturato con maggior attenzione nell’autunno 2021 tenendo conto anche della crescita dei Fact Checks e del Digital Service Act per limitare l’inquinamento del dibattito comune e per provare a recuperare l’eterno limite del rispetto della libertà alla base del senso più puro della democrazia: la libertà di disinformare finisce là ove inizia il diritto alla informazione effettiva, per tutti.

 

 

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