domenica, Dicembre 22, 2024

ISRAELE-HAMAS. LE OPINIONI DELL’ISRAELIANO YOSSI BAR E DEL PALESTINESE SAMIR AL QARYOUTI (di Carlo Rebecchi)

Carlo Rebecchi, già Capo Redattore e Responsabile del Servizio Diplomatico dell’Agenzia ANSA, scrive per The Global Eye

 

Per tanto terrore, non c’è logica o strategia. È solo la teoria del caos. E la prima vittima è il popolo palestinese. Intervista all’analista israeliano Yossi Bar (già corrispondente di Yedioth Ahronoth, Maariv, corrispondente della Radio Pubblica Israeliana in Italia e in Vaticano, già Presidente dell’Associazione della Stampa Estera a Roma, collabora con varie testate a livello internazionale)

In altri tempi, all’indomani di una tragedia come l’ ‘Operazione Tempesta’, gli analisti israeliani avrebbero immediatamente individuato i ‘colpevoli’. In primo luogo, ovviamente, l’autore materiale dell’invasione, e nemico storico. Poi, guardando in casa loro, starebbero già sparando a zero contro l’ incapacità del governo Netanyahu di garantire la sicurezza del Paese. The Global Eye è in grado di affermare, sulla base di diversi contatti, che questa volta c’è un cambio di passo, una evidente difficoltà israeliana di analizzare in profondità l’accaduto, di comprenderne le cause e prevederne le possibili conseguenze.

Israele fa fronte, ma è sotto shock. Tutte le componenti della sua società si rendono conto di dover ormai combattere una guerra ‘nuova’, con regole anch’esse ‘nuove’, che non conoscono, o comunque conoscono male. ‘Per noi è la guerra più difficile di sempre, perché non abbiamo di fronte un esercito regolare ma terroristi che non hanno regole, uccidono bambini, uomini e donne senza apparenti ragioni, quasi per mostrare che sono capaci di mettere in difficoltà un esercito, quello israeliano, considerato invincibile’, ha spiegato a The Global Eye l’analista Yossi Bar, giornalista con base a Roma che negli anni ha scritto sul Medio Oriente per i principali quotidiani israeliani ed oggi è corrispondente della radio israeliana dall’Italia e dal Vaticano.

Colpisce in maniera drammatica gli osservatori israeliani la violenza estrema dei combattenti di Hamas, il loro sparare nel mucchio, contro i civili. ‘Sembrano volere il caos, non ci vedo alcun progetto. Una specie di tragico cupio dissolvi di cui oggi è vittima Israele, ma che potrebbe ripetersi in ogni altro Paese’. ‘Ecco perché ci vuole una lotta solidale contro questo terrorismo. Dicono che combattono in nome di Dio, ma quale Dio’ – prosegue Bar – ‘potrebbe giustificare massacri come quelli che abbiamo visto, la presa come ostaggi di vecchi e bambini da scambiare eventualmente con dei prigionieri? Una ferocia gratuita, che ai palestinesi porterà soltanto ulteriori sofferenze, perché sono loro a pagarne le conseguenze. A Gaza ci sono due milioni di abitanti, già ora senza acqua ed elettricità, probabilmente presto senza viveri’.

La reazione umana prevale nelle parole di Yossi Bar sulle valutazioni politiche e strategiche dell’ aggressione di Hamas, che pure sono presenti. E’ evidente che c’è chi ha interesse a mantenere vive le tensioni, e se Hamas dispone di armi è perché c’è chi gliele vende. ‘E’ possibile’ – sottolinea l’analista – ‘che l’obiettivo fosse di ostacolare il processo negoziale che dovrebbe portare ad un nuovo rapporto tra Israele e Arabia Saudita. Ma io non penso che Hamas sia cosi decisiva nel Medio Oriente, non è che possa cambiare la visione dell’Arabia Saudita e degli altri Paesi del Golfo’.

Quanto agli sviluppi futuri, difficile ottenere previsioni, c’è cautela anche su un eventuale ruolo dell’Iran. ‘Se Teheran avesse progettato l’invasione di Hamas per frenare l’accordo in vista tra Israele e l’Arabia Saudita’ – la valutazione di Bar – ‘la prova l’avremmo nel giro di qualche giorno, con l’entrata in azione degli Hetzbollah iraniani che si trovano nel Libano meridionale, da dove con i loro 140.000 missili potrebbero distruggere almeno la metà del territorio di Israele. Ma se Hezbollah non entra in guerra questa ipotesi cade’.

 

L’attacco di Hamas segna la fine degli accordi di Oslo. Intervista all’analista palestinese Samir Al Qaryouti (giornalista) che ha lavorato per numerose testate europee ed americane – France24, RAI – e collabora con Al Jazeera e altri canali TV arabi

Si è parlato di un’aggressione a sorpresa ma gli analisti palestinesi dicono ‘di non essere stati sorpresi dall’attacco di Hamas, perchè gli elementi di tensione in questi mesi erano già altissimi’.

Davanti allo sgomento di quanto sta succedendo nella Striscia di Gaza e all’orrore della strage di queste ore, intensifichiamo la ricerca sul tema della complessità che ogni conflitto porta con sé, nella convinzione che sia essenziale unire quanti più elementi possibili per cercare di comprendere come si possa essere arrivati a questa nuova guerra.

Secondo l’analista palestinese Samir Al Qaryouti, giornalista che si occupa dei problemi mediorientali per numerose testate occidentali ed arabe, ‘l’ Operazione Tempesta è il frutto di due motivazioni diverse che poi si sono trasformate in una spinta comune. Da una parte, l’esasperazione della popolazione palestinese verso Israele, e verso il governo Netanyahu in particolare; dall’altra, il tentativo di Hamas di rendere evidente tutta l’ostilità palestinese contro i negoziati che dovrebbero portare all’accordo tra Israele e Arabia Saudita, che viene visto come la riproposizione di una ‘pax americana’ mediorientale garantita da Tel Aviv e Riad’.

‘Questo accordo ignora la questione dei diritti del popolo palestinese’ – ha spiegato Qaryouti – ‘ed ora c’è molta preoccupazione per quello che potrà succedere’.

‘L’unica certezza che abbiamo è che gli accordi di Oslo sono definitivamente morti, con tutte le drammatiche conseguenze che questo potrebbe avere’, commenta Qaryouti ricordando che, nel 1993 con gli accordi di Oslo, l’allora presidente dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) Arafat riconobbe ufficialmente lo Stato di Israele rendendo possibile la nascita dell’Autorità Palestinese, attualmente presieduta da Mahmud Abbas, noto anche come Abu Mazen.

Secondo al Qaryouti, l’accordo tra Israele e Arabia Saudita ora ‘slitterà quasi certamente’ ma in ogni caso non sembra poter essere decisivo per risolvere la questione palestinese perché, dice, ‘sarà un accordo concluso con un governo sicuramente importante, quello Saudita, ma che non rappresenta il popolo palestinese’. D’altro canto, i palestinesi chiedono che venga riconosciuto quello che è un loro ‘diritto naturale, il diritto ad un loro territorio. Da due anni vedono lo sforzo che l’Occidente sta facendo per difendere il diritto dell’Ucraina di esistere. A sostegno dei palestinesi invece nessuno dice e fa nulla ormai da decenni. I Ioro diritti umani – si chiedono molti in Palestina – valgono forse meno di quelli degli ucraini?’.

Non tutti, tra i palestinesi, condividono la tesi secondo cui l’accordo israelo-saudita non prenderebbe in considerazione il loro problema. Secondo il New York Times, i sauditi non solo vorrebbero da Netanyahu l’impegno di non annettere la Cisgiordania e fermare i coloni, ma, a seguito di un intervento diretto di re Salman, avrebbero precisato che l’accordo sarebbe possibile soltanto dietro ‘significative e concrete concessioni ai palestinesi’.

 

 

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