(di Massimo Manzo)
Il prestigioso istituto di ricerca statunitense ha contribuito in modo indiscutibile allo sviluppo tecnologico e scientifico mondiale.
La sua storia è lunga più di 160 anni e ha accompagnato l’ascesa degli Stati Uniti a superpotenza mondiale, influenzandola attraverso alcune tra le maggiori sfide affrontate dagli americani nel XX secolo
“Una scuola di scienze industriali che aiuti il progresso, lo sviluppo a l’applicazione pratica della scienza nel suo rapporto con le arti, l’agricoltura, l’industria e il commercio”.
Questa frase, tratta dal suo “atto di nascita”, racchiude in pieno la missione del Massachusetts Institute of Technology, una delle università americane più prestigiose del mondo.
Era il 10 aprile del 1861, e il governatore del Massachusetts aveva appena firmato ufficialmente il documento fondativo di tale istituzione.
A insistere per la sua creazione era stato, già qualche anno prima, il naturalista William Barton Rogers, convinto della necessità che anche gli Stati Uniti si dotassero di una “scuola politecnica” di stampo europeo.
L’obiettivo, come spiegava lui stesso, era quello di un istituto che avesse a oggetto “l’insegnamento, non dei minuziosi dettagli e delle manipolazioni delle arti, che possono essere fatte solo in officina, ma l’inculcazione di quei principi scientifici che formano la base e spiegazione di essi, e insieme a ciò, una revisione completa e metodica di tutti i loro principali processi e operazioni in connessione con le leggi fisiche“.
Fondatore e primo presidente del MIT (di cui prese le redini dal 1862 al 1870 e dal 1878 al 1881), Rogers ne plasmò l’anima, anche se dalla data di fondazione dell’istituto bisognò aspettare qualche anno prima che si tenessero le prime lezioni.
Il 12 aprile 1861, infatti, appena due giorni dopo la firma dell’atto di nascita del MIT, l’attacco dei confederati a Fort Sumter segnava l’inizio della guerra di secessione, conflitto che avrebbe insanguinato gli Stati Uniti fino al 1865, bloccando per quattro anni le attività accademiche.
Fruttuoso sodalizio
Caratterizzato da una crescita costante, ma anche da periodi di crisi durante i quali resistette ai tentativi di essere fuso con l’università di Harvard, a partire dagli anni Venti del Novecento il Massachusetts Institute of Technology iniziò a ingrandirsi divenendo destinatario di sostanziosi finanziamenti, primo tra tutti quello milionario di George Eastman, fondatore della Kodak (rimasto a lungo uno “sponsor” anonimo).
Fu proprio grazie a lui che nel 1916 l’istituto si trasferì in un campus nuovo di zecca nella città di Cambridge, adeguato alla sua crescente importanza (prima era invece situato a Black Bay, un quartiere di Boston).
Frattanto, nel corso della prima guerra mondiale, era già cominciata una importante collaborazione con le forze armate statunitensi: di fronte alla crescita dell’interesse per le potenzialità dell’aviazione a livello militare, il MIT ospitò infatti una scuola di terra per i piloti della Marina, ideando un innovativo piano di addestramento che includeva un mix di materie scientifiche indispensabili agli aspiranti piloti.
Il definitivo “salto di qualità”, tuttavia, arriverà nei due decenni successivi, quando il sodalizio tra il presidente dell’università, Karl Taylor Compton, e il vicepresidente Vannevar Bush, portò a una riforma dei curricula e parallelamente a una nuova e stabile cooperazione con le istituzioni federali.
Nel 1940, Bush venne messo dal presidente Franklin Delano Roosevelt a capo del National Defense Research Committee, responsabile, tra le altre cose, del celeberrimo Progetto Manhattan.
Una posizione cruciale, per di più in un frangente particolarmente complesso della storia americana. Dall’altra parte dell’Oceano infuriava la seconda guerra mondiale e l’agenzia federale guidata da Bush avrebbe svolto un ruolo di primo piano nell’indirizzare la ricerca scientifica in materia di difesa.
Dal radar alla bomba atomica
Scienziato e docente di spessore, nonché personaggio dotato di grande intraprendenza, nel corso del conflitto Bush riuscì a cementare il legame tra autorità civili e militari elevando il contribuito del suo ex istituto, che attirò i più brillanti ricercatori del mondo nella ricerca e nella progettazione di tecnologie all’avanguardia.
Tra gli esempi rilevanti in tal senso spiccano il radar, sviluppato in collaborazione con i britannici dal Radiation Laboratory del MIT, vari sistemi di mira e puntamento e financo il cosiddetto Whirlwind, primo computer digitale della storia, pensato per simulazioni di volo.
In questo contesto, nel novero dei laboratori più attivi spiccò il MIT Instrumentation Laboratory (ribattezzato Confidential Instrument Development Laboratory nel periodo bellico) già fondato nel 1932 dall’ingegnere aerospaziale Charles Stark Draper.
Specializzatosi nella progettazione di strumenti aeronautici per il tracciamento e la navigazione degli aerei, tale organizzazione fu in seguito determinante nella progettazione dell’Apollo Guidance Computer, il dispositivo usato dalla NASA nelle missioni lunari degli anni Sessanta.
Neutralizzata la minaccia dell’Asse, a partire dal 1945 gli Stati Uniti avevano altre difficili sfide da affrontare.
Il mondo era cambiato, e lo scettro del potere globale si era spostato nelle mani degli Usa e dell’Unione Sovietica, che avrebbero iniziato un lungo e serrato confronto in tutti i campi: politico, culturale e ovviamente militare.
Forgiato dalla collaborazione istituzionale durante il secondo conflitto mondiale, l’istituto di Cambridge era decisamente pronto a dare, anche questa volta, il proprio contributo.
Ospite d’eccezione
Il ruolo centrale che la scienza e la tecnologia potevano giocare nel clima della guerra fredda fu un argomento all’ordine del giorno già nel 1949, quando proprio al MIT si tenne la Mid-Century Convocation, un simposio della massima rilevanza per il mondo della scienza e incentrato non a caso sulle “implicazioni sociali del progresso scientifico a livello mondiale“.
Ospite principale dell’evento fu Winston Churchill, che vi tenne una delle sue memorabili orazioni.
Di fronte a più di 13mila persone riunite nel Boston Garden, l’ex primo ministro britannico riassunse brillantemente le evoluzioni politiche, tecnologiche e militari dei primi cinquanta anni del Novecento, cogliendo in pieno alcuni tra i nodi che il mondo libero avrebbe dovuto sciogliere nei decenni seguenti.
“La produzione industriale dipende dalla tecnologia e gli americani, come i tedeschi prima della guerra, se ne sono resi conto, ed è creando istituzioni per la formazione avanzata di un gran numero di ingegneri di alto livello e traducendo i progressi della scienza pura in tecnica industriale, che la loro produzione dipende dalla tecnologia e che il loro conseguente tenore di vita è così alto”, affermava.
“La caratteristica saliente del XX secolo è stata l’enorme espansione del numero di persone a cui viene data l’opportunità di condividere una vita più ampia e varia, cosa che nei periodi precedenti era riservata a pochissimi.
Questo processo deve continuare e confidiamo che avanzi a un ritmo crescente.
Se vogliamo portare le grandi masse popolari di ogni paese alla tavola dell’abbondanza, ciò può avvenire solo mediante l’instancabile miglioramento di tutti i nostri mezzi di produzione tecnica e la diffusione in ogni forma di istruzione di qualità per decine di milioni di uomini e donne.
Anche in quest’ora buia ho fiducia che tutto ciò andrà avanti”.
Parole profetiche, che anticipavano la tendenza, già all’epoca visibile, di una società sempre più tecnologica.
La risonanza di quel discorso fu tale da offuscare il presidente americano Harry Truman, che avrebbe dovuto parlare la sera successiva, ma declinò l’invito (forse per non sfigurare di fronte a un Churchill così in forma).
Tra crescita e fermenti sociali
Sulla scia di quanto affermato nel corso della Mid-Century Convocation, nei decenni seguenti il MIT consolidò la propria posizione, diventando una delle chiavi nel “sorpasso” tecnologico americano durante la guerra fredda.
Il metodo, in fondo, era già stato rodato e includeva partnership con le istituzioni federali e l’avanzamento di numerosi laboratori e programmi di ricerca.
Tra questi ultimi, assunsero particolare rilevanza i programmi spaziali, che avrebbero contribuito alla “conquista della Luna” nel 1969.
Non solo, ma in quel periodo il MIT cresceva (oltre che ampliando vari dipartimenti umanistici ed economici), fondando il Dipartimento di Ingegneria Nucleare ed esplorando nuovi ambiti scientifici, come quello della programmazione informatica, a cui vennero dedicati i primi corsi.
L’università non fu peraltro immune dai fermenti di protesta studentesca che travolsero gli Stati Uniti negli anni Sessanta e Settanta.
In particolare, in molti contestavano proprio il suo legame a doppio filo con il governo e l’industria della difesa, messa sotto accusa durante la guerra del Vietnam.
Fu per effetto di questi movimenti che nel 1969 un influente gruppo di studenti e docenti fondò la Union of Concerned Scientists, con l’obiettivo di “alleggerire” almeno in parte l’attenzione del MIT dalla ricerca a scopi bellici.
I risultati furono notevoli e portarono al distacco di molti laboratori nati in seno all’istituto di Cambridge.
L’esempio più significativo fu l’Instrumentation Laboratory fondato da Draper, nel frattempo rinominato Charles Stark Draper Laboratory, che nel 1973 si separò definitivamente dall’università trasformandosi in una compagnia no-profit ancora oggi all’avanguardia nella ricerca e progettazione di tecnologie aerospaziali, aeronautiche e di difesa.
Al fianco dei presidenti
Dalla sua fondazione a oggi l’evoluzione Massachusetts Institute of Technology ha accompagnato la storia degli Stati Uniti e malgrado i notevoli cambiamenti nei suoi rapporti ufficiali con la politica, specie con alcune amministrazioni (come quella del repubblicano Richard Nixon o in tempi più recenti quella di Donald Trump), i suoi maggiori esponenti non hanno mai perso il loro ruolo di consulenti scientifici nei confronti di quasi tutti i governi, a prescindere dal colore politico.
Oltre al citato Vannevar Bush, dal 1940 più della metà dei consulenti scientifici del Presidente degli Stati Uniti hanno avuto legami con il MIT, luogo nel quale svolgevano incarichi prestigiosi o si erano formati a livello accademico.
Dopo Bush, nel 1957 il presidente dell’istituto, James R. Killian Jr., fu nominato primo assistente speciale della scienza e della tecnologia dal repubblicano Dwight D. Eisenhower; Jerome Wiesner, direttore del Laboratorio di ricerca di elettronica, collaborò con le presidenze di John F. Kennedy e Lyndon Johnson; Edward E. David (proveniente dalle fila degli studenti del MIT), servì come consigliere scientifico del presidente Richard Nixon dirigendo l’Ufficio per la scienza e la tecnologia della Casa Bianca; in tempi più recenti, tra alti e bassi, le collaborazioni sono continuate, anche se spesso si sono mantenute a un livello informale.
In un mondo sempre più dominato dalla lotta per la supremazia tecnologica, la loro presenza rimane infatti indispensabile per gli Stati Uniti.