domenica, Dicembre 22, 2024

GEOFILOSOFIA NELL’ANTROPOCENE. LA SFIDA DELLA “SCIENCE OF WHERE”

Partiamo da qui: la filosofia è l’uso del sapere a vantaggio dell’uomo (Dizionario di filosofia, di Nicola Abbagnano, UTET, Torino 1998, p. 476). Il sapere non è per sua natura esterno al mondo del pragmatismo, della decisione strategica: l’uomo è agente e, in quanto tale, agisce concretamente sul destino del mondo. E, altrettanto, il sapere aiuta a essere più responsabili: il vantaggio dell’uomo, infatti, non è nell’escludente vivere-per-sé ma nell’inclusivo vivere-in-comune.

Da tempo insisto sul tema della complessità e sulla necessità di un pensiero complesso. È venuto il tempo di guardare alla realtà, e al nostro personale e collettivo rapporto con essa (ricordando che ne siamo parte), in chiave sistemica. A esempio, non possiamo più dire che ci occupiamo dell’ambiente perché noi siamo l’ambiente.

Quando si dice antropocene ci si riferisce all’impatto decisivo dell’uomo sull’ambiente naturale: impatto pesante che, a ben guardare, “spezza” il tutto di ciò che è creato in nome della prevalenza di una parte (l’uomo stesso). Dovremmo ri-cominciare a camminare nelle complessità del mondo, un po’ come ha raccontato Paul Salopek alla Esri User Conference 2021. Il cammino, prima di tutto, parte dalla nostra volontà di lavorare nell’esperienza del “geo”.

Abbiamo la responsabilità di ri-cercare la verità dinamica della realtà che siamo e che viviamo. Abbiamo la responsabilità di ri-connettere ciò che è disperso anziché continuare a dis-connettere ciò che è interconnesso. Abbiamo la responsabilità di immaginare percorsi di geofilosofia.

Quelle che, a prima vista, possono sembrare solo parole sono in realtà parte di un progetto culturale e politico che qui si intende avviare (il pensiero filosofico è pragmatico). Cosa può aiutarci a ri-connettere, a lavorare per rendere possibile un mondo sostenibile ? Con la nostra volontà, della quale non possiamo fare a meno per cambiare strada, ciò che fa la differenza è l’elemento tecnologico: noi, si sa, siamo quelli della science of where.

L’antropocene ci mostra che la quantità di dati che produciamo è talmente elevata da non riuscire più a governarli senza adeguati supporti tecnologici. Dalla Terra allo Spazio (frontiera ormai entrata nella nostra quotidianità), e ritorno, è nel “dove” della nostra vita che dobbiamo ri-partire (lo ricordava Bruno Ratti nel Manifesto della Società 5.0).

Le sfide sono tante e difficili. È possibile governare una città, non necessariamente una metropoli, senza l’ausilio tecnologico ? Come si può salvaguardare la biodiversità se non siamo in grado di mapparne la ricchezza ? Quando si dice “governare il territorio”, di quale complessità stiamo parlando ?

Questi primi spunti saranno approfonditi sulle pagine di The Science of Where. Non basta più dire che dobbiamo cambiare paradigmi: occorre cominciare a immaginarli.

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