Il mondo ci dà messaggi chiari. Ciò che voglio sottolineare oggi è, ancora una volta, l’urgenza di allargare il nostro sguardo, di renderlo geostrategico.
Qui si propone di partire dal mondo-che-è e, in questo, ritroviamo la necessità di nuovi inizi. Pare evidente che come umanità abbiamo toccato il fondo: sono ormai emerse una serie di cose che ci mostrano, e dimostrano, quanto molte delle scelte strategiche compiute negli ultimi trent’anni (dopo la caduta del muro di Berlino) si siano rivelate sbagliate. Anche l’Afghanistan è lì a dirci questo.
L’onda che vogliamo cavalcare è quella del pensiero critico e complesso: nulla di ciò che accade è separato dal resto, nessuna delle crisi de-generative che percorrono il mondo può essere capita e affrontata in maniera settoriale. Altresì, siamo nel pieno di una grande metamorfosi: cos’è il rischio oggi, in quali forme si materializza ? Siamo preparati ad affrontarlo ?
Non sfugge, agli osservatori attenti, che viviamo una grande ricomposizione dei rapporti di forza a livello globale. La pandemia continua a essere un abilissimo rimescolatore di carte, aggrava e velocizza problemi antichi (si pensi alle disuguaglianze) e mette tutti di fronte alla evidente incapacità di andare oltre il conosciuto, il già affrontato.
Ebbene, tragicamente, in termini strategici questi nostri anni sembrano essere una propaggine del ‘900, il secolo che non passa. Entrare nel terzo millennio significa abbandonare paradigmi ordinatori che oggi non hanno più senso. Va chiarito che quando si parla di trasformazione digitale e di transizione ecologica non si danno definizioni neutre ma si aprono scenari completamente nuovi: o il pensiero e la decisione (recto e verso della stessa medaglia) diventano “geostrategici” o perdono completamente il loro senso.
E ancora: le relazioni internazionali legano indissolubilmente lo spazio (la frontiera del futuro già presente) con le città (i luoghi geostrategici del “dove”). Che ne sarà degli Stati che conosciamo ? E’ bene, lo ribadiamo, gettare il cuore oltre l’ostacolo, mai più fermandoci all’evidenza. Se c’è qualcosa di positivo nel mondo in fiamme è che ci costringe a cercare una nuova fonte per trovare l’acqua con cui spegnere gl’incendi: i vecchi pozzi, infatti, si sono esauriti.
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