Stanziare grandi quantità di denaro per uscire dalle diverse crisi (tra loro interrelate) generate dalla pandemia potrebbe non essere risolutivo. E’ chiaro che bisogna conoscere le realtà nelle quali i fondi previsti andranno ad impattare e lavorare perché gli stessi fondi producano vero sviluppo.
L’analisi geografica dei territori, attraverso una location intelligence che guardi dentro le dinamiche che noi stessi produciamo (georeferenziare i dati), è fondamentale. E’ nello spazio delle nostre vite, nei “dove” che viviamo, che dobbiamo – finalmente – trovare la ricchezza sulla quale lavorare con una tecnologia-nella-vita. Questo è il senso di the science of where !
Certo, guardando nella realtà ci rendiamo conto che essa non è lineare né sempre prevedibile e che non risponde al principio di “non contraddizione”. In più, essa è percorsa da un grave problema sul quale molti scrivono ma senza riuscire a individuare gli strumenti adeguati per porvi rimedio: le crescenti disuguaglianze.
Uscire dalla pandemia, ricostruire la “nuova” normalità, significa adottare un approccio complesso e, al contempo, strumenti tecnologici aperti e in grado di mettere i decisori politici nelle condizioni di finalizzare le azioni di recovery. Le disuguaglianze, infatti, agiscono nel profondo e in maniera trasversale. Si pensi alle disuguaglianze territoriali, addirittura tra quartieri delle diverse città, nella disponibilità di servizi pubblici essenziali (dalla salute, alla scuola, all’efficienza delle multiutility), di servizi istituzionali di prossimità, di politiche ambientali, di differenze inaccettabili di reddito, di tutela e manutenzione delle infrastrutture critiche e non e così via.
Pur se le disuguaglianze non sono del tutto eliminabili, esse possono (e debbono) essere limitate da una politica che si fondi sull’analisi di dati reali che, solo attraverso le tecnologie della the science of where, diventano strumenti per un governo politico “glocale” (e non solo l’oro strategico del terzo millennio).
La missione delle politiche di recovery non può che essere, primariamente, quella di ricostruire le società, spezzate dalla pandemia e non solo, nel quadro generale (e “glocale”) di uno sviluppo complesso che assuma la trasformazione tecnologica in atto come suo motore decisivo (verso società 5.0). The Science of Where insegna la fragilità di ragionamenti sull’etica della tecnologia ma, in modo ben più realistico, propone soluzioni di finalizzazione della tecnologia stessa alla costruzione del bene comune.
La nostra riflessione continua.