di Mauro Grigioni e Mirko Rossi
La ricerca dei patogeni nelle acque reflue urbane risale alla seconda metà degli anni ‘40, quando vennero pubblicati i primi studi sulla presenza di enterovirus polio e non-polio (Sinclair et al, 2008). La WHO, nell’ambito del programma mondiale di eradicazione della poliomielite (Global Polio Eradication Initiative) raccomanda l’implementazione di sistemi di sorveglianza, per il mantenimento dello status “polio-free” che prevedono sia la sorveglianza attiva delle paralisi flaccide acute che la sorveglianza ambientale sui reflui urbani per la ricerca di enterovirus polio e non-polio. L’enorme utilità di questo tipo di approccio appare evidente nella rappresentazione della cosiddetta “piramide della sorveglianza”: rispetto alle persone che hanno contratto infezione, solo una parte si rivolge al personale sanitario, mentre gran parte può essere asintomatica oppure paucisintomatica con risoluzione spontanea dei sintomi; una parte ha necessità di rivolgersi al SSN e solo i casi ospedalizzati o notificati al sistema di sorveglianza vengono evidenziati nelle statistiche. In questo contesto, se la sorveglianza clinica indirizza alla punta della piramide, la sorveglianza ambientale si rivolge alla sua base, individuando l’insieme delle infezioni all’interno della popolazione, incluse quelle asintomatiche o paucisintomatiche.
La Wasterwater-based epidemiology (Wbe) costituisce ormai da anni una scienza affermata che analizza non solo patogeni, ma anche farmaci e sostanze provenienti dai residui metabolici umani nelle acque reflue urbane. Il razionale di una sorveglianza ambientale si basa sul principio che i virus vengono escreti, principalmente mediante le feci, dai soggetti con infezione (sintomatici, paucisintomatici, asintomatici) e raggiungono gli impianti di trattamento e depurazione attraverso la rete fognaria. I reflui urbani, infatti, raccolgono i residui metabolici umani dell’intera popolazione collegata a un collettore fognario e quindi a un depuratore cittadino. I virus che circolano in una determinata comunità (ad esempio aree metropolitane, quartieri cittadini) vengono così intercettati mediante analisi delle acque reflue urbane raccolte all’ingresso di un depuratore oppure su determinati nodi della rete fognaria. Tale approccio utilizza i reflui urbani come fonte di osservazione dinamica della circolazione dei patogeni nella popolazione. Un singolo campione di refluo urbano rappresenta un pool di un numero elevato di individui, variabile sulla base della dimensione dell’impianto di depurazione (abitanti equivalenti serviti). Secondo quanto specificato dall’OMS nelle linee guida per la sorveglianza ambientale del poliovirus, è possibile mediante l’analisi dei reflui urbani intercettare un individuo infetto tra 10.000 individui sani (La Rosa et al, 2020(a)).
Recenti studi hanno dimostrato che il SARS-CoV-2 può essere responsabile di sintomi di tipo gastroenterico (nausea, diarrea, dolori addominali) e può quindi essere isolato dalle feci di pazienti con infezione, sia sintomatici che asintomatici. È noto che i sintomi gastrointestinali si osservano nei pazienti con COVID-19 e che circa il 50% dei pazienti con COVID-19 ha virus rilevabili nelle feci (Ouali et al, 2020). La carica virale nelle feci dei pazienti COVID-19 è stata stimata tra 102 e 106 copie genomiche per litro di refluo (g.c./L), a seconda del decorso dell’infezione (Foladori et al, 2020). Tali evidenze hanno portato alcuni autori ad interrogarsi circa la possibilità di trasmissione per via fecale-orale del virus, ma ad oggi, non vi è alcuna evidenza di trasmissione idrica di Sars-Cov-2 e il virus non è mai stato rilevato in acque potabili. Sulla base di queste evidenze, gruppi di ricerca di vari Paesi hanno intrapreso la ricerca di SARS-Cov-2 in acque reflue, analizzando campioni storici di acque reflue per prove della circolazione passata di SARS-CoV-2 (WHO, 2020(b)). Il rilevamento di frammenti di RNA non infettivo di SARS-CoV-2 in acque reflue e/o fanghi non trattati è stato segnalato in una serie di contesti, come Spagna, Francia, Paesi Bassi, Stati Uniti d’America, Australia e Pakistan. Inoltre, ricercatori nei Paesi Bassi, Francia e Stati Uniti d’America hanno dimostrato una correlazione tra le concentrazioni di RNA SARS-CoV-2 nelle acque reflue e i casi clinici COVID-19, suggerendo che le concentrazioni di RNA potrebbero fornire un preavviso di 4-7 giorni prima rispetto ai dati dei casi confermati da COVID-19 (WHO, 2020(b)). Dunque, la possibilità di effettuare una sorveglianza ambientale per SARS-CoV-2 mediante l’analisi dei reflui urbani può rappresentare un utile strumento ad integrazione della sorveglianza epidemiologica, al fine di monitorare la circolazione, anche in forma asintomatica, del virus nella popolazione ed evidenziare precocemente una eventuale comparsa/ricomparsa del virus, consentendo di riconoscere e circoscrivere più rapidamente eventuali nuovi focolai epidemici. La sorveglianza dei reflui urbani, laddove effettuata in forma sistematizzata e in connessione con le reti di sorveglianza sanitaria territoriali, può essere inoltre utilizzata come early warning, ossia, può rappresentare un sistema di allerta precoce in relazione alla possibilità che si verifichino focolai epidemici nella popolazione. Secondo fonti di stampa, sistemi Wbe sono in corso di pianificazione o di realizzazione come iniziative a livello nazionale in Spagna (Baraniuk, 2020), Australia, (https://www.abc.net.au/news/2020-04-17/australia-to-test-sewage-for-coronairus-as-testing-net-widens/12156858), e la Gran Bretagna (https://metro.co.uk/2020/05/11/boris-suggests-sewage-will-monitored-coronavirus-12687732/). Tuttavia, al momento non ci sono ancora prove sufficienti affinchè la sorveglianza ambientale venga raccomandata come approccio standard per la sorveglianza COVID-19 (WHO, 2020(b)).
In Italia, la presenza di RNA di SARS-CoV-2 nelle acque reflue è stata rilevato per la prima volta in uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in campioni di reflui urbani delle città di Roma e Milano raccolti tra febbraio e aprile 2020. Di particolare significato, è risultata la positività rilevata nei reflui di Milano risalente a campioni raccolti il 24 e il 28 febbraio 2020, quando i casi notificati in Italia erano ancora poco numerosi (La Rosa et al, 2020(c)). Questo risultato ha messo in evidenza l’importanza e la sensibilità della sorveglianza ambientale nella rilevazione della presenza e della circolazione del virus nella popolazione spostando l’attenzione dal singolo individuo alla comunità. Le positività rilevate nei depuratori di Roma, invece, risalivano a fine marzo-inizio aprile 2020, in pieno periodo epidemico in cui oltre 3.000 casi erano stati confermati nella regione Lazio, 2.000 dei quali nell’area metropolitana di Roma. Questi risultati hanno spinto ad analizzare 40 campioni di acque reflue di archivio raccolti nel nord Italia in periodo pre-epidemico (tra ottobre 2019 e febbraio 2020), dai quali è emerso che in Italia (o per lo meno nel Nord Italia) il COVID-19 sia diffuso ben prima dell’identificazione di quello che è stato chiamato “paziente 1” (21 febbraio 2020): 15 dei 40 campioni sono risultati positivi al test e la presenza di RNA di SARS-CoV-2 è stato rilevata in campioni risalenti a dicembre 2019 prelevati a Milano e Torino, mentre a gennaio 2020 di Bologna (Nella maggior parte dei campioni positivi è stata rilevata una quantità di RNA dell’ordine di 102–103 g.c./L). In tutti i campioni antecedenti dicembre 2020, così come i “blank” samples prelevati tra settembre 2018 e Giugno 2019 (before the emergence of SARS-CoV-2 as a human pathogen), non sono state rilevate tracce di RNA di SARS-CoV-2. I risultati hanno confermato dunque l’utilità di questo tipo di analisi così come l’evidenza di una early detection circa la diffusione del virus tra la popolazione (La Rosa et al, 2020 (b)).
A fronte di tali evidenze, l’ISS, che con l’ordinanza n. 640 del 27 febbraio 2020 è stato incaricato di coordinare un sistema di sorveglianza che integra i dati microbiologici ed epidemiologici forniti da Regioni e Provincie Autonome (PA) e dal Laboratorio Nazionale di Riferimento per SARS-CoV-2 dell’ISS e forte dell’avere al suo interno il Dipartimento Ambiente e Salute che dal 2007 raccoglie reflui urbani per la ricerca di virus enterici nell’ambito di diversi progetti, ha deciso di integrare la sorveglianza ambientale ai metodi di sorveglianza epidemiologica, per avere una comprensione più completa delle tendenze nella trasmissione della comunità. L’ISS, che nel 2011 ha istituito un sistema sentinella permanente per i virus enterici e non enterici in Italia, ha aggiunto SARS-CoV-2 all’elenco di sorveglianza in marzo 2020. Nel recente documento del Ministero della Salute “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale” (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_5373_16_file.pdf), la sorveglianza ambientale di SARS-CoV-2 attraverso i reflui urbani è raccomandata al fine di acquisire indicazioni sull’andamento epidemico e contribuire allo sviluppo di un sistema di allerta precoce, in linea con le recenti raccomandazioni europee di preparadness per affrontare i focolai di COVID-19 (https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/communication_-_short-term_eu_health_preparedness.pdf).
Lo sviluppo di un sistema per la ricerca di RNA di Sars-Cov-2 in reflui urbani (La Rosa et al, 2020a, La Rosa et al 2020b), e la disponibilità di molte strutture di controllo sanitario e ambientale, ha consentito di proporre al ministero della Salute, nell’estate 2020, un progetto di sorveglianza epidemiologica di SARS-COV-2 attraverso le acque reflue urbane (Sorveglianza Ambientale Reflue in Italia, SARI) coordinato da ISS, che, attraverso il Coordinamento Interregionale della Prevenzione, Commissione Salute, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome della Conferenza Stato-Regioni, propone un’attività di sorveglianza ambientale per SARS-CoV-2, sul modello della Wbe. Al fine di non perdere informazioni preziose durante i mesi estivi, è stato avviato in data 30/6/2020 con un webinar dedicato organizzato da ISS, una prima fase pilota della durata di circa 3 mesi (luglio-settembre), mediante la partecipazione su base volontaria di Agenzie Regionali per la Protezione Ambiente (ARPA), Azienda Sanitaria Locale (ASL), Istituto Zooprofilattico Sperimentale (IZS), Università e Gestori idro-potabili, per la ricerca di SARS-CoV-2 in reflui urbani, con l’obiettivo più ambizioso di costruire una rete nazionale di sorveglianza strutturata per integrare gli strumenti clinici di controllo sul territorio (screening con tamponi e i test sierologici) con il controllo ambientale (La Rosa et al, 2020(a)). Un’attività di sorveglianza a livello nazionale può essere in grado di fornire importanti informazioni in diversi ambiti durante il periodo epidemico e post epidemico. Durante il periodo epidemico è in grado infatti di fornire informazioni sulla circolazione spaziale e temporale del virus nella popolazione che può dare importanti indicazioni sull’evoluzione dell’andamento epidemico (fase di crescita, fase stazionaria, fase di decrescita, esaurimento). La produzione di dati di tipo qualitativo (presenza/assenza del virus e sequenziamento genico dei campioni positivi) è accompagnata da informazioni di tipo quantitativo (dati di concentrazione del virus nel refluo, espresso come copie genomiche per volume di refluo, c.g./L), mediante i quali è possibile calcolare stime indirette sul numero di individui che escretano il virus. Già diversi studi su virus enterici hanno dimostrato che è possibile correlare la quantità di RNA virale con il numero di individui infetti mediante algoritmi appositi che tengono in considerazione una serie di fattori (concentrazione del virus nelle feci dei pazienti con infezione, volume di feci eliminate/giorno, numero di persone allacciate all’impianto di depurazione, portata che perviene all’impianto di depurazione, ecc.). Anche i dati di sequenziamento sono di grande utilità ai fini del monitoraggio delle possibili mutazioni nel genoma virale e per successivi studi filogenetici. Una rete stabile e attiva di sorveglianza durante il periodo post- epidemico, rappresenta, diversamente, un vero e proprio sistema di allerta precoce (sul modello della sorveglianza ambientale poliovirus) consentendo, nell’eventuale presenza di virus nel refluo urbano, non soltanto di rilevarne la comparsa, ma anche, in associazione ad idonee azioni di carattere gestionale, di riconoscere e circoscrivere più rapidamente eventuali nuovi focolai epidemici (La Rosa et al, 2020(a)).
Nell’ambito del progetto SARI, in qualità di Centro Nazionale Tecnologie Innovative per la Salute Pubblica, il nostro gruppo di lavoro è stato coinvolto con lo scopo di sviluppare un sistema basato sulla tecnologia GIS per la raccolta centralizzata dei dati prodotti dagli enti regionali, la creazione di Dashboard per la visualizzazione dei dati in tempo reale e che consenta lo studio di una correlazione tra i dati ambientali e i dati clinici con lo scopo di fornire informazioni significative, che possono essere utilizzate per supportare decisioni di misure più o meno restrittive, nonché la valutazione dell’efficacia delle misure di controllo in corso.
Un sistema per monitorare la situazione italiana attraverso le analisi delle acque reflue
Un’attività di sorveglianza epidemiologica di SARS-COV-2 attraverso l’analisi di campioni di acque reflue urbane, sulla base del modello dell’epidemiologia delle acque reflue (Wbe) prelevata all’ingresso dell’Impianto di Trattamento Rifiuti (WTP) sul territorio nazionale permette di analizzare gli andamenti della diffusione del virus per effettuare stime indirette sul numero di individui che espellono il virus, fornendo informazioni utili sulle tendenze epidemiche e sull’allarme tempestivo di focolai, oltre a gli strumenti di controllo clinico sul territorio (screening con tamponi e test sierologici).
Con il supporto delle competenze tecnico-scientifiche del Dipartimento per la Qualità dell’Acqua e Salute (QAS), il Dipartimento di Salute e Ambiente dell’Istituto Nazionale Italiano della Salute (ISS) e le capacità tecnologiche del Centro Nazionale per l’Innovazione Tecnologie nella sanità pubblica (TISP) è stata elaborata una proposta di azione dal titolo “Sorveglianza ambientale del SARS-CoV-2 attraverso le acque reflue urbane in Italia: indicazioni sull’andamento epidemico e sull’allerta precoce (acronimo: SARI)” sottoponendolo al Generale Direzione della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute per l’eventuale valutazione che è in progresso. Gli obiettivi principali di questo progetto sono:
- Definire chiaramente gli obiettivi del programma di monitoraggio.
- Sviluppare e implementare un protocollo di campionamento comune.
- Massimizzare la collaborazione, la cooperazione e lo scambio delle conoscenze acquisite.
Il primo punto da affrontare è stato quello di ridurre le lacune nella ricerca in termini di definizione di metodologie di campionamento e analisi nonché la definizione di modelli predittivi. In questo momento, esistono diversi metodi analitici (sia per la concentrazione delle acque reflue che per il rilevamento dei virus) nessuno dei quali è stato formalmente convalidato per SARS-Cov-2. Prove preliminari utilizzando il test molecolari consigliati dall’OMS per la ricerca di SARS-Cov-2 nei tamponi clinici, ha mostrato una scarsa sensibilità per la ricerca sui virus in una matrice complessa come le acque reflue. Per questo motivo, sono stati progettati test molecolari specifici (Nested RT PCR e Real time RT-PCR), valutata per sensibilità e specificità sulla matrice dei rifiuti urbani. L’ISS ha quindi sviluppato metodi di campionamento caratterizzati (procedura di campionamento e conservazione), concentrazione del campione, estrazione dell’acido nucleico di SARS-COV-2 per il rilevamento dell’RNA valutata per sensibilità e specificità sulla matrice dei rifiuti urbani mediante indagini retrospettive su campioni d’archivio. Il campionamento deve essere effettuato da personale opportunamente formato, tipicamente operatori all’interno della struttura che già effettua il campionamento per l’analisi interna di routine. L’uso di un protocollo analitico standardizzato è necessario per evitare interpretazioni errate tra i diversi laboratori. Le analisi effettuate seguono un protocollo condiviso sviluppato da ISS, verso cui convergono i dati raccolti sul territorio con modalità armonizzate; Anche l’ISS è preposto allo svolgimento di analisi ed elaborazione dati approfonditi su piattaforma GIS per condivisione dei dati con le autorità sanitarie centrali e regionali.
Inoltre, è essenziale selezionare la frequenza e il numero di siti di campionamento al fine di disporre di un campionamento temporale e spaziale appropriato che sia rappresentativo della popolazione e per garantire una stretta cooperazione tra le autorità ambientali (nella maggior parte dei casi l’approvvigionamento idrico strutture) e le autorità sanitarie che dovrebbero guidare l’intero processo. Il punto di prelievo consigliato per i depuratori è l’ingresso all’impianto di trattamento delle acque reflue. La dimensione ideale dell’originale popolazione per gli impianti da cui vengono prelevati campioni di rifiuti grezzi, secondo le Linee Guida dell’OMS (2003), è compreso tra 100000-300000 abitanti equivalenti.
La proposta progettuale si articola in due fasi:
- La prima fase, su base volontaria e autofinanziata dai partecipanti al progetto, si concentra su una rete pilota di siti prioritari con l’obiettivo di valutare lo sviluppo dell’epidemia, funzionale ad eventuali misure di prevenzione a livello locale e allo sviluppo delle modalità di gestione della rete esteso sul territorio nazionale;
- La seconda fase, in base alle risorse disponibili, prevede un’ampia rete di sorveglianza a livello nazionale, focalizzata sugli aggregati urbani, con la possibilità di implementare un monitoraggio flessibile e capillare (es. città distretti, siti di depurazione aeroportuali), funzionali alle esigenze di prevenzione sanitaria di diverse aree territoriali, secondo scenari epidemiologici.
In tale contesto, le strutture partecipanti sono tenute ad utilizzare le modalità raccomandate dall’ISS ai fini del progetto. Ciò non pregiudica, ovviamente, altre eventuali attività di ricerca di natura metodologica, modellistica o di altra natura, comunque accessorie al progetto SARI.
Il progetto è stato avviato a seguito di un incontro di Kick-Off del 30 giugno 2020, con il coordinamento tecnico-scientifico dell’ISS e con il supporto del Coordinamento Interregionale di Prevenzione, Commissione Sanità, Conferenza delle Regioni e Province Autonome. Per attuare la prima fase del progetto sono state raccolte le adesioni preliminari dalle singole strutture che svolgeranno l’attività sperimentale con l’obiettivo di pianificare attività e flussi di lavoro. A tal fine abbiamo sviluppato un questionario distribuito per mezzo di una App Survey123 (Fig. 36) (accessibile tramite Browser, senza la necessità di dover scaricare alcuna App) indirizzata principalmente a ST come Agenzie Regionali Tutela Ambientale (ARPA), ASL, Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IZS), Università, Centri di Ricerca e Gestori del Servizio Idrico Integrato.
Sono stati caricati i dati ricevuti dalle regioni che hanno aderito al progetto, in formato Excel, sulla piattaforma ArcGIS. Per ogni Regione è stata quindi sviluppata una Dashboard disponibile per manager regionali e referenti ST3R (ogni utente ha accesso solo alla propria Dashboard Regione, grazie alla creazione di Gruppi su ArcGIS Online) contenente le informazioni relative ai campioni di acque reflue prelevati raccolte per mezzo di App sviluppate appositamente per lo scopo. Nella figura seguente è riportato un esempio di Dashboard regionale, contenente: le caratteristiche di ogni depuratore, la descrizione della portata di i campioni ed il nominativo, con annesso contatto (indirizzo mail e telefono), della ST1, ST2, ST3, ST3R e leader regionali.
Nell’intestazione (la barra in alto) sono presenti dei filtri, che consentono all’utente di visualizzare i risultati dei campioni prelevati entro un certo intervallo di tempo o campioni prelevati da uno o più WTP che coprono una determinata provincia. Nella Mappa i siti di campionamento sono identificati con un’icona rossa, che indica la presenza di SARS-Cov-2 nel campione analizzato, o con un’icona verde, nel caso non fosse presente la presenza di SARS-Cov-2 rilevato. Indicatori che mostrano il numero di campioni analizzati, il numero di campioni prelevati, e il numero di campioni risultati positivi, o per i quali è stato trovato SARS-Cov-2, sono indicati a la cima. I due grafici a destra mettono in relazione la data di campionamento con il risultato qualitativo (presenza/assenza) e il risultato quantitativo (copie genomiche/litro di acque reflue), rispettivamente nelle caselle superiore e inferiore. Per ogni Regione è stato preparato un tutorial con le istruzioni passo passo per l’installazione le App, necessarie per creare nuovi record o per aggiornare record esistenti, per accedere al Dashboards, dando massima disponibilità per eventuali chiarimenti e per fornire supporto nelle prime fasi di approccio a questo sistema.