Proprio in questi tempi difficili, investire sulla geografia è fondamentale. Perché il mondo si capisce nei “dove”, nella loro evoluzione, immergendoci nelle dinamiche complesse che li caratterizzano e li percorrono.
Che si parli di guerra, di difesa, di spazio, di agricoltura di precisione, di governo del territorio e di rigenerazione delle città, the science of where risulta indispensabile. Dal 10 al 13 maggio ne abbiamo avuto una chiara evidenza alla Conferenza Esri Italia 2022, un appuntamento molto partecipato e centro della “riflessione pragmatica” su the science of where in Italia.
The Science of Where porta dentro di sé una visione strategica. Perché la tecnologia, e la community globale di Esri lo dimostra ogni giorno, è l’elemento fondamentale che sta cambiando radicalmente e velocemente i processi storici e, conseguentemente, la comprensione degli stessi per la decisione. Fin dalla comunicazione, the science of where offre strumenti come le story map per porre in evidenza ciò che normalmente non vediamo: comunicare un altro sguardo-nei-mondi è già un modo per maturare un approccio e un pensiero strategico adeguati.
Parole chiare aiutano a capire la “pacifica rivoluzione” della the science of where. E’ scritto, nella pagina web del Public Relations Center of Excellence di Esri: Global supply and demand shocks are forcing suppliers, manufacturers, and consumers to reassess a new way to make, deliver and purchase products. From logistics to fulfillment, we continue to see opportunity to showcase how GIS and location intelligence provides real-time and predictive insights for this industry.
E’ un esempio per dire quanto la tecnologia applicata alla geografia, nel governo della infinità di dati che produciamo (e che, da grezzi, devono diventare utilizzabili), aiuti concretamente i soggetti che devono decidere (le imprese, le istituzioni nazionali e locali e quant’altri).
Il meta-tema è che la complessità del nostro mondo ha raggiunto livelli che non possono più essere affrontati senza tecnologia. E quest’ultima va capita come nuovo paradigma. Se vogliamo che le crisi possano trasformarsi in opportunità, e non de-generare, occorre dotarsi culturalmente e operativamente di nuove possibilità per nuovi futuri.